Varlam Šalamov – višera

«Scrivere è resistere»                                                                      
 
Definito dall’autore stesso nel suo diario come “antiromanzo”, Višera è un insieme di racconti che descrivono la prima esperienza di Šalamov nei campi di concentramento sovietici. Arrestato nel ’29, fu condannato a tre anni di lavori forzati presso il gulag di Višera, sugli Urali. Preludio che si lega in maniera indissolubile ai più famosi Racconti di Kolyma, dove narrerà le ben più atroci vicende vissute per quasi vent’anni nella " terra della morte bianca", questo insieme di testi fu composto dall’autore tra il ’70 e il ’71, anche se destinato a vedere la luce solo nell’89. Forse meno spirituale e versatile di Solženicyn, Šalamov risulta però a tratti ancor più prezioso, raccontandoci la nascita e la trasformazione dei campi di concentramento sovietici da luoghi di reclusione e lavoro forzato a perfette macchine capaci di infliggere sofferenze estreme e di distruggere vittime e aguzzini. Nei gulag le torture sono all’ordine del giorno, la parola più coniugata è fucilazione: un detenuto viene fucilato se non porta a termine la quota stabilita di lavoro, se rimane zitto mentre si inneggia a Stalin, se per curarsi dallo scorbuto mastica rose selvatiche. Nel rigido inverso russo, quando il sole si mostra timido sul terreno ghiacciato e la temperatura scende a decine di gradi sotto lo zero, il prigioniero è solo; per lui non c’è domani, non si fanno progetti per il futuro: c’è solo il piccone, il lavoro nella cava, il ricordo sbiadito della propria famiglia, il freddo che ghiaccia corpo e anima e la consapevolezza che tutto il mondo che conosceva prima, ora sembra frutto della fantasia. Eppure, nonostante tutto, l’autore non si lascia inghiottire dalla brutalità del sistema, ci dimostra che anche un solo gesto umano nella giungla del lager aiuta a rimanere in vita: si dirà nei racconti:«Non ci credo, io, nel bene. Io credo nella bontà».