Una storia semplice-Leonardo Sciascia

 

Una storia semplice è l’ultima opera di Leonardo Sciascia.

Di semplice tuttavia ha solo il titolo, la lunghezza forse, in quanto si tratta di un romanzo breve o un racconto lungo, una settantina di pagine circa, ma proprio per questo io lo ritengo ancor più geniale. L’autore infatti condensa in poco spazio una serie di problematiche, tutte collegate al tema della giustizia, ma non solo, ci sono molti spunti interessanti anche sui rapporti di famiglia, sulla lingua e sull’ambiente della Sicilia.

Nella vigilia di un giorno festivo la polizia riceve una telefonata di un uomo, un tale Roccella, un diplomatico, che manca da anni nel paesino siciliano dove si svolge la storia. Proprio perché si tratta di un giorno festivo la visita della polizia verrà rimandata, e così il diplomatico invece che aprire la porta a chi avrebbe dovuto garantirgli la sicurezza, aprirà la porta al suo assassino. E da qui si dipaneranno le indagini, da un apparente suicidio fino a scoprire una terribile verità, in uno sfondo di mafia, di droga, di amare vicissitudini familiari.

Lo stile è secco, asciutto, essenziale, lineare. A parere mio il miglior modo per rendere la drammaticità, piuttosto che inutili fronzoli e orpelli. A tal 1proposito trovo interessanti le riflessioni dell’autore sulla lingua:  “. . . il fatto di dover scrivere delle cose che vedeva, la preoccupazione, l’angoscia quasi, dava alla sua mente una capacità di selezione, di scelta, di essenzialità per cui sensato ed acuto finiva per l’essere quel che poi nella rete dello scrivere restava. Così è forse degli scrittori italiani del meridione, siciliani in specie: nonostante il liceo, l’università e le tante letture ”

Un’ opera di alto livello letterario che lascia, certo, con l’amaro in bocca. Proprio questa era l’intenzione dell’autore, credo.

Emblematica la seguente citazione: “il magistrato scoppiò a ridere. << L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma come si vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui Procuratore della Repubblica . . . >>

<< L’italiano non è l’italiano: è il ragionare >> disse il professore. Con meno italiano lei sarebbe forse ancora più in alto >>.

La battuta era feroce. Il magistrato impallidì”.

L’assenza di giustizia legale e sociale, la Sicilia come una parte per il tutto: l’Italia. Un’opera del 1989 quanto mai attuale.

 

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Recensione di
Miriam Caputo

Sono una divoratrice di libri, che ama la scrittura. Mi piace raccontare le storie che ho letto, ma anche inventarne di nuove e creare personaggi. Mi rispecchio in questa frase:
"Io voglio essere la trapezista, che fa il triplo salto mortale con il sorriso, la leggerezza, e non fa vedere la fatica dell'allenamento, perché altrimenti rovinerebbe il tuo godimento di lettore. Io voglio essere la trapezista e nulla voglio trasmettere della fatica del mio scrivere"
(Andrea Camilleri).

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