Una cosa divertente che non farò mai più – David F. Wallace

Scoprire contemporaneamente di amare uno scrittore e che lo stesso scrittore si è suicidato 3 anni fa, all’età di 46… beh, non è bello. E questa sensazione mi colpisce in particolar modo, perché ho dovuto assistere alla dipartita di altri 2 due dei miei autori preferiti: José Saramago e Douglas Adams. E non è tanto l’egoistico “non leggerò più niente di lui”, ma il perdere una specie di amico. Non mi vergogno di rivelarvi che ho pianto leggendo il libro postumo di Douglas Adams, “Il salmone del dubbio“.

Una cosa divertente che non farò mai più è un ampio reportage sull’esperienza dello stesso autore che rimane a bordo di una motonave extra-lusso per una settimana. È difficile descrivervi perché si stabilisca un rapporto empatico così forte con Wallace, ma in pochissime pagine vi sembrerà che un amico di lunga data vi stia raccontando la propria vacanza. E questo amico è sia divertente, che intelligente.

Il libro fa un massiccio uso delle note a piè di pagina, che non sono affatto secondarie, ma parte integrante del racconto. Ci sono addirittura parti in cui si appropriano di pagine intere. La scrittura è curata e volutamente non aulica. Vengono allegramente dispensate F-word.

Una parte però fondamentale del libro, è la pesante critica e vergogna che prova l’autore verso l’americanità. David non risparmia niente ai suoi connazionali e questa critica, anche se subliminale, finisce per mangiare la parte divertente, che presto diventa malinconica. Con il senno di poi, in questo libro si trovano molti indizi di ciò che poi ha spinto l’autore al suicidio.

Cosa mi è rimasto alla fine del libro? Un amico che non c’è più. uno scrittore di cui vorrò leggere tutto e infiniti rimorsi sulle cose divertenti che non potrò leggere mai più.

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