Il titolo originale di questo saggio è “Through the Children’s Gate” ma l’edizione italiana sceglie un titolo più adatto a chi, come me, non conosce così bene i nomi degli ingressi di Central Park. In effetti il libro parla sia della città che dei Children, cioè dei bambini, e precisamente dei figli dell’autore.
Adam Gopnik ha abitato a New York per qualche anno, poi si è trasferito con tutta la famiglia a Parigi per un lustro e in seguito ha deciso di ritornare nella Grande Mela insieme alla moglie Martha e ai piccoli Luke e Olivia.
Attorno alle attività scolastiche e ricreative dei bambini ruota l’osservazione di questa “nuova” città, differente da quella malfamata ed elettrizzante degli anni ottanta e diversa anche dalla metropoli antecedente l’11 settembre. Gopnik descrive la vecchia Time Square, locali e boschetti che non esistono più, le nuove manie dei newyorchesi, il suo approccio con la tecnologia social e così via.
L’autore è capace di farci pensare “Ma cosa scrive? Non sono assolutamente d’accordo!”, poi “Ah, però, vista così…”, infine “Ah, ecco dove voleva andare a parare!”.
Il primo capitolo risulta ostico a causa di periodi con numerose subordinate, ma in seguito la lettura appare più scorrevole, il che mi porterebbe a pensare che l’editing sulla parte iniziale sia stato dimenticato.
Questo è uno dei libri che vi consiglierei se, come me, siete appena stati a NY e avete voglia di ricordare quanto visto con occhi diversi, e soprattutto avete voglia di comprendere maggiormente non gli USA ma un loro simbolo; oppure, semplicemente, se volete fare due passi nel “Central Park” mentale di Gopnik.