Tempi d’oro per i morti – Charles Willeford

Se piacciono le trame poliziesche e si cerca una lettura leggera ma non superficiale, Charles Willeford (Little Rock, 1919 – Miami, 1988) è l’autore giusto e Tempi d’oro per i morti (New hope for the dead, 1985) vivamente consigliabile. La scrittura di Willeford, peraltro, scorre piacevolmente e la narrazione tiene bene il ritmo senza annoiare mai, anche negli inserti descrittivi che anzi completano efficacemente il quadro. Per le sue caratteristiche questo romanzo lo vedrei anche perfettamente trasposto in forma cinematografica.

Tutto comincia quando il giovane Gerald (Jerry) Hickey viene trovato morto in una casa di Miami. Il sergente Hoke Moseley e la sua partner di origini cubane Ellita Sanchez vengono incaricati dell’indagine e di lì a poco ai due detective e al collega Bill Henderson vengono anche affidati dei vecchi casi irrisolti. Intanto Hoke ed Ellita devono affrontare delle difficoltà di carattere privato. Trovare la soluzione a tutto è difficile; ma non impossibile, se si accetta qualche forzatura.

Il romanzo è il secondo della tetralogia che ha come protagonista il sergente Hoke Moseley: poco più che quarantenne, divorziato, munito di dentiera e leggermente sovrappeso, politicamente scorretto, è l’emblema dell’antieroe che non può non risultare simpatico, sebbene i suoi metodi siano talvolta discutibili come i suoi umori maschilisti. Gli altri personaggi, pur tratteggiati in maniera realistica, restano secondari.

Insieme al protagonista campeggia invece nelle pagine la Miami degli anni ’80 del secolo scorso, divisa tra scintillanti zone residenziali e turistiche e quartieri poveri e malfamati e attraversata da tensioni tra i diversi gruppi etnici bianchi, neri e ispanici. Strade, negozi, ambienti, delinquenza, corruzione, compromessi: un ritratto vivido di un’America ben poco mitica ma certo (e drammaticamente) reale. Forse ancora attuale?

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Recensione di D. S.