Dalla libreria al cinema #37 – Suite francese

Quando fu arrestata e deportata, la scrittrice Irène Némirovsky (Kiev, 1903 – Auschwitz, 1942) lasciava incompiuta la sua «sinfonia in cinque movimenti»: secondo il suo progetto sarebbero dovuti essere cinque romanzi, collegati tra loro, ambientati nella Francia occupata dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale; di questi solo due erano stati portati a termine e, dopo essere rimasti a lungo sconosciuti, finalmente nel 2004 hanno visto la luce. Il titolo complessivo della “sinfonia” è Suite francese (Suite française), mentre i due romanzi hanno rispettivamente i titoli di Tempesta di giugno e Dolce.

In Tempesta di giugno si racconta la fuga da Parigi nell’estate del 1940 alla notizia dell’arrivo dei Tedeschi: si intrecciano su questo sfondo le vicende dei ricchi Péricand e dei modesti Michaud, dell’artista Corte e del collezionista Langelet, del prete Philippe e delle giovani Cécile e Madeleine e di tanti altri… In Dolce l’azione si svolge invece nel corso del 1941 a Bussy, il paese di Cécile e Madeleine costretto ad accettare per mesi la presenza del nemico occupante nelle proprie stesse abitazioni; tra tutte spicca la storia della bella francesina Lucile e di Bruno, l’ufficiale tedesco che ha trovato ospitalità nella sua casa.

La lettura dei due romanzi è certamente gradevole, grazie ad uno stile di scrittura lineare e limpido e ad intrecci sicuramente emozionanti; la scrittrice mostra peraltro di riuscire a intersecare i diversi fili narrativi con maestria, tratteggiando efficacemente tutti i suoi personaggi: ciò vale sia per Tempesta di giugno, che si può definire un romanzo corale, sia per Dolce, in cui invece la storia di Lucile e Bruno occupa uno spazio dominante rispetto alle altre.

Il quadro della Francia occupata che emerge dall’opera è decisamente cupo: non solo, come si può facilmente immaginare, a causa della vicenda drammatica della guerra, dell’invasione, dei bombardamenti, dei massacri; ma anche (e forse addirittura soprattutto) per il prevalere dei sentimenti negativi: l’egoismo, l’avidità, l’ambizione, la viltà, l’opportunismo, l’ipocrisia… La Némirovsky sembra non riconoscere, fatte salve rarissime eccezioni (come i coniugi Michaud o Lucile), virtù e buoni sentimenti: tra gli individui come tra i gruppi sociali prevale un’ostilità aggressiva che si trasforma in alleanza solo per convenienza. A fare da assoluto contrappunto alla malvagità degli uomini, una natura prevalentemente colorata, profumata, rigogliosa, bella e pura.5913060_332217

Tra i tanti personaggi restano impressi madame Péricand, tutta compresa nel suo ruolo di madre di famiglia perbene, più attenta alla forma che alla sostanza, che nell’emergenza depone la maschera e rivela tutta la propria piccineria e meschinità; suo figlio Philippe, il prete che ama Dio più che i propri simili e resta vittima, prevedibile, di un’aggressività che gli è estranea e che non sa comprendere e gestire; lo scrittore Corte, arrogante, egoista e superficiale; la signora Angellier, fieramente antitedesca ma al tempo stesso insensibile di fronte alle sofferenze della giovane nuora; Lucile, irrequieta e infelice…

I due romanzi sono dunque un grido di dolore contro la guerra ma anche un ritratto impietoso dell’essere umano, dalla penna di una scrittrice decisamente pessimista: e mentre negli altri racconti e romanzi i ritratti più negativi appartengono agli ebrei, la comunità da cui anche la scrittrice proveniva ma in cui non si riconosceva; qui la negatività investe indistintamente etnie e classi sociali. Irène, bambina prodigio in rapporto conflittuale con la sua femminilità, perennemente sospesa tra l’Ucraina dove era nata e cresciuta e la Francia che l’aveva accolta senza sentire di appartenere davvero né all’una né all’altra, ostile alle proprie origini ebree ed emarginata a causa di esse (dal 1940 non le fu più possibile pubblicare), alla vigilia della deportazione lasciava un testamento cupo e drammatico.

L’opera è rimasta incompiuta, pertanto qualunque giudizio deve essere cauto: come in altri romanzi e racconti, la Némirovsky rivela un talento e una sensibilità veramente raffinati nel tratteggiare i caratteri dei personaggi; meno felice, a volte, l’ideazione delle trame, che tendono verso il romanzesco nell’accezione meno lusinghiera del termine.

*****

Nel 2014 il regista Saul Dibb (Londra, 1968) ha realizzato dall’opera della Némirovsky un film che porta lo stesso titolo, Suite francese (Suite française). La sceneggiatura ha dovuto necessariamente ridurre il numero dei personaggi e delle vicende e si è concentrata in particolare sulla storia d’amore tra Lucile e Bruno; a Tempesta di giugno si ispirano solo alcune scene iniziali della pellicola, in cui viene rappresentato un bombardamento tedesco su una folla di profughi in fuga.

Se però la prima parte del film è piuttosto fedele al romanzo, nella seconda parte la sceneggiatura si concede una rielaborazione molto libera della trama, inserendo episodi e personaggi assenti nel libro, ma soprattutto proponendo un messaggio che si allontana non poco da quello dell’opera letteraria.

La pellicola mostra i Tedeschi compiere perquisizioni violente, fucilazioni, persecuzioni di Ebrei: l’immagine consueta dei nazisti, a cui Bruno si sottrae, per amore di Lucile, ma solo in parte. Allo spettatore viene quindi presentata una netta (e rassicurante) distinzione tra carnefici e vittime, tra “buoni” e “cattivi”.locandina

Ma la realtà non è così (banalmente) manichea. E certamente tale non è il racconto della Némirovsky, dove Tedeschi e Francesi non appaiono così dissimili, nei numerosi vizi come nelle rare virtù. Quella che riscontriamo nel romanzo può risultare un’ambiguità disturbante, giacché la Storia ci ha insegnato che il Nazismo è stato l’espressione più efferata del male nel mondo. Ma la Némirovsky ci ha lasciato una rappresentazione diversa: un male che è superficialità, indifferenza, egoismo e violenza e che prevale sempre e ovunque, senza distinzioni di carattere etnico o sociale.

Il film è dunque un prodotto ben confezionato, efficacemente recitato, accompagnato da una piacevola colonna sonora; ma offre una storia diversa, con una diversa morale. Semplificata (e forse perfino banalizzata) ad uso del grande pubblico.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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