Sostiene Pereira – Antonio Tabucchi

Pereira andò a capo e sotto, a destra, mise il suo nome: Pereira. Firmò soltanto Pereira, perché era così che tutti lo conoscevano, con il suo cognome, come aveva firmato tutti i suoi articoli di cronaca nera per tanti anni.

Pereira è un vecchio giornalista grasso, tranquillo nella sua monotona e noiosa esistenza, fatta di necrologi, limonate con molto zucchero, frittate alle erbe.
Pereira è tutti noi, quando siamo saturi della nostra esistenza, nauseati dalla nostra routine, senza quasi rendercene conto sprofondiamo in un mare di apatia.
Senza accorgercene, ci lasciamo avvoglere dalla bambagia della noia, e quasi non ci pesa l'essere morti prima del tempo.

Così Pereira, di cui non conosceremo mai il nome.
Pereira, che vive e pensa  alla morte, ai necrologi, ed alla resurrezione della carne. Così Pereira, che parla con il ritratto della moglie defunta senza avere davvero più nulla da dirle. Così Pereira, che non si accorge che, con il giovane Monteiro Rossi, la Storia gli è entrata in casa, gli si è infilata nelle tasche, nei buchi del naso e nella gola. Fino a spingerlo a QUEL gesto, qull'unico gesto che riscuote lui, ed ognuno di noi, dall'apatia, dalla morte che è ancora vita.
QUEL solo gesto, a cui la sapiente, asciutta narrazione di Tabucchi ci ha preparati, facendoci attendere per tutto il tempo. QUEL gesto, che è l'enorme, macroscopia conseguenza di centinaia di piccoli gesti, piccole incrinature dell'abitudine, che rompono il guscio della noia, e portano alla vera resurrezione della carne. Non quella che ossessiona Pereira: la vita che resta da vivere.

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