Walter Siti ha preso un’immagine, l’ha ridotta a un puzzle e su ciascuno di questi pezzi ha aggiunto, con un pennarello, degli infiorettamenti; infine ha rimescolato ogni frammento e lo ha lanciato sul tavolo rappresentato dalle pagine di “Resistere non serve a niente”.
Trama: Tommaso, un bankster, si rivolge a uno scrittore per una biografia, partendo dall’infanzia di umili origini, il padre in galera, il cervello predisposto alla matematica e alla teoria dei giochi, l’obesità trattata con un intervento chirurgico, l’offerta di entrare nella rete – comprendente speculazioni finanziarie, politica, malavita e glamour – il rapporto con i colleghi e quello, più complesso, con l’altro sesso.
C’è chi paragona l’autore a Bret Easton Ellis o a Michel Houellebecq; dove tuttavia in Ellis troviamo elenchi di VIP in “Glamorama” o liste di esercizi e trattamenti per la pelle in “American Psycho”, qui riscontriamo dialoghi non semplicissimi da seguire, per la materia trattata e lo stile, che a volte rende difficile rintracciare la voce narrante – il suddetto puzzle da ricostruire; il gusto per le tematiche riguardanti la società moderna e l’impoverimento etico mi sembra qui privo di linearità e efficacia espositiva dell’autore francese.
“Resistere non serve a niente” ha vinto il Premio Strega, ma personalmente non vedevo l’ora di arrivare all’ultima pagina per passare a qualcosa di più piacevole e, forse, meno pretenzioso. Nella mia classifica, riguardante la cinquina finalista del premio, lo colloco alla fine, dopo “Mandami tanta vita” e “Le colpe dei padri”; a breve pubblicheremo le recensioni riguardo le due restanti autrici.