Lo dico subito, per sgomberare il campo da ogni possibile dubbio; questo libro non mi è piaciuto.
E’ un giudizio lapidario e del tutto personale ma voglio partire proprio da questo per parlarne. Dire “non mi piace” non significa sia un brutto libro.
I brutti libri non esistono (ho un approccio molto zen sulla faccenda; credo che ogni libro sia sulla nostra strada di lettori per un motivo).
Per me il libro di Giuliano Sangiorgi (frontman dei negramaro, per i distratti) è un monito che ogni aspirante scrittore dovrebbe far suo: non impelagarsi in flussi di coscienza onirici se non si ha una tecnica narrativa consolidata.
C’è chi rimarrà esaltato dalla scelta (?) dell’autore di raccontare la sua idea, molto originale, come un enorme sogno/allucinazione senza contorni e senza appigli reali. Non sono tra questi. Mi sarebbe bastato un capitolo – o al massimo due – scritto in questa sospensione onirica. Non reggo un intero libro scritto in tale maniera, secondo me la narrazione ne soffre.
La capacità di Sangiorgi di tessere immagini, con l’uso di (poche) parole, è impareggiabile. Un talento vero. Il problema sta proprio nel fatto che, nell’usare più parole (la dimensione del racconto le esige) la trama appare larga e le immagini non sono ben imbrigliate in una rete di tale fattura.
Una prima prova interessante dunque ma a seguire abbiamo bisogno di qualcosa di più sostanzioso.