L’invenzione della virilità – Sandro Bellassai

A differenza di altri Paesi, l’Italia non può vantare molte trasmissioni televisive dedicate ai libri. Una delle poche, piacevole e autorevole insieme, è quella di Corrado Augias, Le storie – Diario italiano, in onda su Rai Tre dal lunedì al venerdì, tra le 12.45 e le 13.10, da settembre a giugno (l’orario è proibitivo, per chi lavora, ma per fortuna ci viene in aiuto il web). Non sempre ho condiviso l’impostazione, e proprio in occasione della puntata di cui sto per parlare ho anche scritto una mail indignata (che non ha ricevuto risposta); ma il programma è sempre dinamico, accattivante, e al tempo stesso suggerisce titoli e spunti di riflessione sull’attualità molto stimolanti. Il 6 febbraio 2012 si presentava L’invenzione della virilità (2011), saggio su «politica e immaginario maschile nell’Italia contemporanea» del professor Sandro Bellassai dell’Università di Bologna.

Lo storico ripercorre la storia italiana tra la fine dell’Ottocento e i giorni nostri seguendo l’evoluzione parallela della politica e dell’immaginario maschile, fornendo un’interessante chiave di lettura degli eventi. La “virilità”, e ancor più la sua esasperazione che Bellassai definisce “virilismo”, è un’invenzione antica: un linguaggio, immagini, metafore che hanno permesso al maschio di rivendicare e conservare il predominio sociale e politico millantando origini naturali o divine della supremazia maschile. In particolare il virilismo è tornato in auge a partire dalla fine del XIX secolo, quando alcuni processi sembravano mettere a serio rischio il predominio maschile: la prima emancipazione femminile e, più in generale, una modernizzazione della società che metteva in discussione tutti i modelli, familiare, sociale, economico, tradizionali (e quindi anche la componente patriarcale).

Naturalmente, come afferma lo stesso professore, non basta questo a spiegare fenomeni di amplissima portata, tutti collegati tra loro, come misoginia, razzismo, nazionalismo, autocrazia; ma la retorica virilistica ha avuto un suo peso innegabile nella politica coloniale come nelle dinamiche sociali interne del nostro Paese. Ciò è avvenuto in maniera particolarmente evidente, e con risvolti drammatici, nell’età del Fascismo; ma le premesse sono ben chiare e ancora oggi non siamo immuni da rigurgiti di virilismo, seppure in forme diverse rispetto al passato.

Effettivamente il secondo femminismo e le trasformazioni epocali avvenute tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento hanno inferto un colpo durissimo al virilismo, che ha perso qualsiasi (pseudo)giustificazione filosofica o scientifica; tuttavia un esame attento del linguaggio pubblicitario o di programmi televisivi oggi molto in voga dimostra che qualcosa del modello virilista sopravvive anche in questo inizio di terzo millennio. Il virilismo è morto, ma, come dice Bellassai, non è ancora sepolto. Il punto è che alcuni maschi sono a tutt’oggi spaventati dalla fine della società patriarcale, più di quanto magari essi stessi si rendano conto o vogliano ammettere. Lo dimostrano anche fenomeni preoccupanti e in espansione di violenza sulle donne.

Riscrivere il proprio ruolo non è facile e alcuni non vogliono neppure sforzarsi di farlo. E intanto, nonostante gli innegabili progressi, il maschio è ancora socialmente e politicamente dominante. Eppure la via corretta è solo quella che proponga un nuovo modello di convivenza e di confronto tra maschile e femminile rigettando qualunque esaltazione e prevaricazione virilista (esigenza che in Occidente, spiega Bellassai, si avverte in maniera particolarmente urgente nel nostro Paese).

Sono molto sensibile al tema del libro, perché ho a cuore la causa femminile e più in generale la causa della parità dei diritti, del rispetto e del confronto delle idee, in una parola della democrazia. Pertanto tutto ciò che ha ostacolato, e continua ad ostacolare, i giusti processi di sviluppo e di progresso voglio conoscerlo, studiarlo, e combatterlo. Ho anche qualche motivazione personale. Il mio percorso individuale è ancora oggi, mentre scrivo, un percorso di recupero e di valorizzazione di me stessa come donna; di più: come donna che studia, che lavora, che fa politica e che non vuole identificarsi col modello tradizionale di moglie e di madre, pur essendo anche, ed entusiasticamente, madre.

Il saggio del professor Bellassai spinge a rileggere con una nuova consapevolezza la nostra storia recente fino ad alcune realtà che abbiamo sotto gli occhi. E lo fa anche proponendo interessanti testimonianze: documenti ufficiali, immagini, testi letterari e pubblicitari… Peccato che la lettura risulti un po’ faticosa, per lo stile elaborato e talvolta ripetitivo. Ma è valsa la pena di arrivare fino in fondo.

Chi lo volesse, può recuperare la puntata delle Storie a questo link. Solo un paio di puntualizzazioni: Augias ha evidentemente un lapsus quando utilizza la parola latina vires per indicare gli “uomini”, i “maschi”: la parola corretta è viri (vires significa invece “forze”). Inoltre, in un filmato dedicato a Mussolini mandato in onda durante la trasmissione, si usa l’espressione pater familiae per dire “padre di famiglia”, mentre la formula corretta è pater familias.

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D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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