L’invenzione della Verità (ma è solo una bugia commerciale)

Questo libro è tanto brutto quanto geniale fu il suo autore, per cui un commento lo merita.
Trattasi di pura e semplice operazione commerciale: si prende un'accozzaglia di scritti giovanili parafilosofici di un genio, quasi tutti buttati giù senza pretesa alcuna di pubblicazione e quindi disordinati, slegati, destrutturati; li si impacchetta in una confezione assai ruffiana, bella da toccare e da annusare; si aggiunge posticcia una introduzione della figlia che spreca carta e alberi dell’Amazzonia in una sbrodolata al superiore intelletto del papà; si trova un titolo accattivante e il gioco è fatto: il matematico dilettante appassionato di epistemologia, nonché probabilista praticante (il ritratto sputato del qui presente Capelli d'Argento, per l’occasione apparecchiato in tavola a guisa di pollo) è bello e cucinato. I curatori levano poi alti lai in lamentazione del fatto che uno di quegli scritti fu presentato ad un concorso per opere letterarie e saggistica, e i giudici – miopi e felloni – non lo premiarono. Dall'alto della mia ignoranza, che mi conferisce il privilegio di stare nel club di quelli che i libri li giudicano semplicemente dal fatto che gli piacciano oppure no, indipendentemente da chi li ha scritti, mi sento di dire con voce forte e chiara che fecero bene. De Finetti, genio purtroppo quasi sconosciuto al pubblico, ha fatto di molto, ma molto meglio, scrivendo però nel linguaggio che più gli si confaceva: il simbolismo delle formule. Va detto infatti che questo pensatore versatilissimo e intuititivo, lo sdoganatore italiano della concezione soggettiva della probabilità, matematico visionario, anticipatore non premiato – questa volta sì, ingiustamente – della teoria con cui Markowitz vinse un Nobel, attivista radicale incarcerato negli anni settanta, non ha mai brillato per chiarezza. E va bene, gli perdoniamo lo stile involuto se il contenuto merita, però questo è davvero troppo. La prossima volta che pubblicheranno? La lista della spesa di Heisenberg? Peccato, perché finora l'editore Cortina non mi aveva mai deluso, con la sua divulgazione scientifica di altissimo livello. E di pari prezzo, anche questo va detto. Quindi, dato che costa caro e tra i recensori della libreria immaginaria ci sono altri appassionati di scienza e filosofia che potrebbero facilmente essere spennati, come già fu il sottoscritto, mi sia concessa una stroncatura a tutela dei portafogli dei membri del club, anche se probabilmente non troppo in linea con i criteri fissati da Delly. In tempo di crisi, anche i libri è bene sceglierseli in modo oculato.

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Redazione
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5 commenti
  • Bellissima recensione, divertente ed al punto giusto di stroncatura!!!In tempo di crisi non si possono buttare via i soldi per libri non belli!!!Fra noi poveri lettori bistrattati e prosciugati bisogna fare comunella!Grazie per l'informazione e per avermi illuminato su questa figura che io sconoscevo totalmente!

  • Da lettore di opere di divulgazione scientifica ti ringrazio, era un po' che vedevo questo libro in libreria e meditavo di prenderlo, mi hai salvato da un acquisto pessimo.

  • Dato che la figura merita interesse, riporto qui qualche notizia biografica tratta dalla quarta di copertina della sua biografia (che non ho letto e non posso quindi recensire): Bruno de Finetti, nato ad Innsbruck nel 1906 da famiglia italiana e morto a Roma nel 1985, è stato uno dei maggiori matematici del secolo XX, noto in tutto il mondo soprattutto per la rifondazione della teoria delle probabilità secondo la sua originale impostazione soggettivista. Matematico, statistico, economista e filosofo, de Finetti è sempre stato anche un attento e acuto osservatore sia dei fatti politici sia dei problemi sociali del nostro Paese e, più in generale, dell’umanità, fornendo in più occasioni le sue acute e preziose analisi. Per tale sua poliedrica personalità è considerato uno degli intellettuali più originali e autorevoli del secolo scorso, e un ‘matematico scomodo’ per il suo grande anticonformismo e il suo desiderio di giustizia che lo portarono a scontrarsi contro le storture che infestavano la società del suo tempo e che stigmatizzò nel suo celebre Manifesto contro il culto dell’imbecillità.
    Capelli d’Argento

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