L’Ikea no!

Uomini che odiano le donne, scrittori che infarciscono di cultura pop i loro romanzi, lettori che odiano leggere referti medici al posto di descrizioni, ma anche vicende che si intrecciano come in un bel giallo dalla struttura complessa quanto basta.

Il primo romanzo di Stieg Larsson è un mattone di oltre 600 pagine, ma ‘mattone’ non è sinonimo di ‘brutto libro’, o di noia. Se c’è una cosa che non gli si può rimproverare, infatti, è la struttura narrativa avvincente, in cui s’intrecciano più storie che, all’inizio, sembrano slegate, ma poi cominciano a convergere e intrecciarsi. Mikael Blomqvist, infatti, è un giornalista che indaga sulla sparizione di una ragazza, che fa parte di una nota famiglia di industriali, in cambio di preziose informazioni su un criminale che vuole incastrare. Questo sembra l’unico motivo che lo spinge a proseguire, finché non si fa coinvolgere da una storia sempre più torbida e complessa. Perché, però, raccontare tutto questo con uno stile che oscilla tra l’asetticità di uno scontrino fiscale e la pubblicità gratuita a tutti i marchi menzionati? Perché essere così espliciti nelle descrizioni delle scene di sesso, schizzate senza alcun trasporto, come se si parlasse di un’autopsia?
Uno stato d’animo descritto attraverso modi di fare, gesti, piccole nevrosi, è molto più efficace di una definizione tratta da un vocabolario; le citazioni sono più divertenti e gratificanti se inserite in modo implicito, nascoste tra le righe, e non attraverso un elenco irritante di nomi. A che servono, poi, le molte descrizioni di particolari insignificanti ai fini narrativi, piazzate li solo per far pubblicità all’Ikea? I libretti d’istruzione e i foglietti illustrativi non sono le letture preferite dal pubblico.

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Recensione di
P8L
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9 commenti
  • dici bene quando dici diagnosi, perchè a volte pare di stare di fronte a un referto medico o a una dichiarazione dei redditi, per quanto è asettico il linguaggio!

  • Beh, bisogna considerare: 1) che il romanzo è stato tradotto dallo svedese (dunque non sappiamo se la terminologia è colpa/scelta dell'autore o di un traduttore un po' troppo didascalico; 2) mi par di ricordare che di scene di sesso descritte crudamente ce ne fossero due, entrambe con lo specifico compito di mostrarci come la protagonista femminile si relaziona con chi abusa di lei (prima scena): abusandone a sua volta (seconda scena). Nulla di particolarmente pornografico (osceno sì, ma non pornografico), come invece spesso trovo siano le scene pornoerotiche di Ken Follet (Un letto di leoni, dove la protagonista senza un reale motivo si metteva a toccarsi alla luce del sole sul picco di una montagna, con tanto di descrizione di bronzea pelle e dorato seno). Infine, trovo la recensione molto superficiale: il romanzo è un giallo, dal meccanismo ad orolegeria perfetto (come fatto notare), ma ha un grande pregio: descrive perfettamente l'atmosfera della Svezia. Di Stoccolma e, soprattutto, dei paesini sperduti nelle lande del Nord. Le conosco, per esperienza personale, e sono esattamente come descritte, mi pareva di starci dentro.
    Viceversa, la recensione non accenna neppure minimamente a un altro aspetto, che invece ho trovato negativo, il protagonista è un classico stereotipo. Ma d'altronde (leggendo la biografia dello sfortunato Larsson), Blomqvist è una versione utopica dello stesso autore. Entrambi giornalisti d'assalto (uno, l'autore, in materie politiche; l'altro, il protagonista, in materie economiche) dalle alterne fortune. Questa circostanza permette poi di capire (e trovare biasimevole) la compiacenza con cui di Blomqvist vengono mostrati i difetti (pochi) e la finta umiltà nel mostrarne i pregi.

    Detto ciò, non è Agatha Christie, ma non è neppure Licia Troisi.

    Just my two cents, senza alcun intento polemico.

    Jack

  • per le scene di sesso, mi riferivo anche a quelle di cecilia e mikael, che sono descritte allo stesso modo del libretto di istruzioni di un frullatore! è facile, secondo me, evocare ogni inimo particolare come lo farebbe un registratore, oggettivo: l'abilità sta nel rendere quel momento soggettivo e trasmettere qualcosa al lettore. le scene i ncui è coinvolta lisbeth, specialmente quelle degli abusi da parte del suo nuovo tutore, sono diverse, e forse ho sbagliato a non fare le opportune distinzioni.

    sicuramente ci saranno differenze tra la lingua originale e la traduzione, ma un traduttore non si sarebbe preso tutta questa libertaà; quindi l'asetticità di cui dicevo dev'esserci anche nell'originale. l'atmosfera della svezia non l'ho menzionata, sia perchè non la conosco, sia perchè non l'ho trovata ( è soggettivo); sono certo che esistano modi diversi e più coinvolgenti se si vuol rendere lì'impressione di un ambiente freddo, e questo non è il semplice elenco di oggetti o la semplice e rigorosa disposizione in una stanza dei mobili, come spesso succede.

  • Cerco sempre di non commentare i libri che non ho letto, ma sulla trilogia qualcosa vorrei dire. L'ho sfogliato tante volte in libreria, leggendo l'incipit, e poi qualche pagina qua e là, per trovare un appiglio che mi spingesse a leggerlo, ma niente: ogni volta la sensazione è stata di piattume e noia, uno stile indefinibile che mi ha ricordato – facendomi almeno ridere un po' – il filone grottesco del "realismo liberale" inventato da Pennac in uno sei suoi rimanzi della saga di Malaussene, quello in cui il buon Benjamin vien inventato scrittore di romanzi realistici, apppunto, che si articolano in sequenze del tipo: "xxxx andò all'università e si laureò. Poi ottenne uno stage presso l'importante banca d'affari yyyy e fu molto difficile all'inizio, per lui che era povero, anche solo trovgare i soldi per la giacca e la cravatta. Ma poi ebbe successo e diventò ricco, e sposò una ricca ereditiera. Un giorno, mentre sorvolavano l'amazzonia con il loro aereo personale, precipitarono e lei morì. Lui si ritrovò tra i Guaranì…" Ecco, mi pare che la trilogia sia scritta più o meno così. Ma non è che dietro Larsson, invece della moglie,  c'è davvero Benjamin Malaussene?


  • concordo con DelS, come al solito.
    sono incuriosita dall'attenzione suscitata da questa serie [grazie ai film, però], ma non riesco veramente a trovare la voglia di provarla [e neanche di andare a vedere i film].

     

  • Ho letto il primo della trilogia e l'ho letto facendo leva su un unico perno
    (non posso rivelarlo perché é strettamente personale).
    Ora, senza questo sprone difficilmente avrei preso tra le mani siffatto librone:
    1. perché a me le trilogie hanno fatto il sangue amaro per tutta l'adolescenza (brutta bestia il fantasy) e il dottore me le ha vietate
    2. perché me lo ha consigliato una persona che legge solo kinsella e volo (non ho nulla contro questi due, ma SOLO loro due! Caspiterina)
    3. pareva che tutti lo avessero letto, che tutti avessero un opinione, che tutti ne fossero rimasti assolutamente incantati (ok, é successo anche per twiligth, ma mica é colpa mia se abboccano in tanti alle storie loveLOVElove)
    4. perché avevo di meglio da leggere
    Poi é spuntato quel perno misterioso, che dicevo poc'anzi, su cui ho messo la mia bella pertica di curiosità; solleva, solleva e … beh, poca roba.
    Il librone é avvincente, come dice giustamente P8L, si legge con un discreto interesse ma é banalotto nella parte finale (mie considerazioni ovviamente) ed é un po "buttato la".
    La parte finale del libro, in soldoni, é il classico finalone standard dei mattoni bestseller che, per carità, ci sta tutto, però abbocca solo chi non é abituato a leggere (ecco i facili entusiasmi) o chi, come me, spegne il cervello e va in automatico (un trucco niente male, no!).
    Ops, mi sa che sono andato fuori tema.
    Comunque, l'asinello che é in me mi farà finire, presto o tardi, la trilogia; per la serie "uomini che odiano lasciare le cose a metà"  

Recensione di P8L