L’eleganza del riccio – Muriel Barbery

Il romanzo di Barbery Muriel è di una delicatezza unica.

È come se fosse un romanzo scritto in punta di penna, con una penna dall’inchiostro abbondante, dal tratto morbido e fluido. L’autrice non potrebbe essere che un’insegnate di filosofia.
È infatti una filosofia quotidiana, che riflette sulle cose di tutti i giorni che impregna le pagine del romanzo, incentrato fondamentalmente su tre personaggi: la portinaia Renée che si ostina a mettere in scena i cliché più banali del suo mestiere (nonostante sia una donna estremamente intelligente e acculturata), la quasi adolescente Paloma, già troppo grande per la sua età ed attenta osservatrice della vita e il Signor Ozu, aristocratico dai modi gentili e dal gusto raffinato.

Personalmente convinta che quando si parlava del riccio (elegante), si parlasse di capelli, sono rimasta piacevolmente sorpresa nell’essere smentita:

 
“Madame Michel ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”

Ma non è solo una delle protagoniste ad essere elegante: è la stessa trama, la stessa scrittura, la scelta delle parole, degli aggettivi, dei dialoghi a rendere l’intera narrazione di un’eleganza prettamente francese.

Un piccolo fiore delicato che è diventato ben presto un bestseller grazie al passaparola della gente, indice perfetto per la misurazione di un buon romanzo di qualità.

Non le campagne pubblicitarie editoriali, ma la gente che legge, i lettori che, come me, ne scrivono recensioni, lo consigliano, lo regalano, lo prestano.

Una storia triste, di due donne colte in momenti differenti della loro vita (una nella piena maturità e l’altra pronta a diventare un’adolescente con un profondo e dissacrante spirito critico), entrambe insoddisfatte del ruolo che sono costrette a recitare quotidianamente, dibattendosi contro il loro spirito ribelle, superiore, forse eletto rispetto alla mediocrità in cui sono immerse.

Un romanzo che mi ricorda tanto un saggio illuminante di Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, che descrive la nostra esistenza come continui cambi d’abito ed entrate in scena, sempre con pubblici diversi a guardarci, con ruoli diversi da interpretare.

Netta la differenza tra la ribalta, dove siamo costretti dietro la maschera che abbiamo scelto e il retroscena, dove siamo semplicemente quello che siamo, nudi di fronte a noi stessi.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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3 commenti
  • Rieccomi finalmente :) Dicevo, scritto molto bene, sono in corso di lettura. Mi sembra molto interessante, a dispetto del fatto che sia diventato un best seller in poche settimane l’anno scorso. Un brava a Muriel Barbery.

  • condivido parola per parola! Anche io, nel consigliarlo alle mie amiche, ho usato gli stessi aggettivi: delicato e elegante. Molti hanno avuto da ridire sulla credibilità di Renée portinaia/filosofa, ma secondo me il perno dell’intero racconto è proprio nella donna che non fa sfoggio della sua cultura, anzi, fa di tutto per mascherarla comportandosi in modo da non mettere in discussione la sciatteria, l’ignoranza e la propensione per il pettegolezzo che sono caratteristiche "scontate" in una portinaia…"STUPENDO"

Recensione di Sara D'Ellena