Le parole lontane del fuoco – Tiffany Baker

Nuova regola per giudicare un libro: il prezzo. Se è troppo alto o addirittura troppo basso, state pur certi che la storia che racchiude non vale poi molto. Se un libro è buono, è sicuro che avrà un prezzo giusto, che non vi farà titubare per giorni e giorni, chiedendovi se vale la pena acquistarlo. O almeno, a me capita sempre così!
Sembra che ultimamente la Garzanti stia prendendo il vizio della Newton Compton, nel pubblicare storielle di poco conto, spacciandole per best sellers. Ovviamente riconosco che sono stati pubblicati dei titoli favolosi da questa casa editrice –come testimoniano, per esempio “Il linguaggio segreto dei fiori” di Vanessa Diffenbaugh o i primi libri di Joanne Harris-, ma ce ne sono altrettanti che si stanno rivelando dei flop.

“Le parole lontane del fuoco”, purtroppo, è uno di questi. Mi sono lasciata ingannare dalla magia che prometteva, e dalla parola strega buttata qua e là nella trama e nei commenti sulla copertina. Senza poi contare, che ho tralasciato il settore economico, nel concedermi questo libro: 17 euro e 50 sono una cifra assurda per il romanzo di una scrittrice ancora poco conosciuta.

La storia è incentrata in una salina nei pressi di Cape Cod, zona famosa degli Stati Uniti per il passato burrascoso che ruota intorno a Salem e a Boston. Le sorelle Gilly, Jo e Claire, sono intrappolate a Salt Creek, la fattoria di famiglia, condannate a raccogliere sale, e ad essere le veggenti del paese. Ogni dicembre infatti, per inaugurare la stagione invernale, il paese ospita un falò durante il quale, per tradizione, una Gilly getta un mucchietto di sale: a seconda del colore sprigionato dalla fiammata, si potrà predire la sorte dell’anno a venire. Jo sembra essere nata per questo lavoro, ma quando Claire, piccolissima, getta la sua prima manciata nel fuoco, la fiammata non potrebbe essere più funesta. Le vicende delle due sorelle si susseguono in un circolo di disgrazie che sembra non avere mai fine, fin’anche ad arrivare all’evento che dividerà per sempre le due sorelle. Una di loro volterà le spalle alla propria eredità. L’altra, rimarrà una persona a metà per tutta la vita.

Leggendo, ho scoperto di aver già avuto modo di apprezzare l’autrice della storia con un romanzo molto particolare ma davvero sorprendente, nel senso buono del termine. Tiffany Baker è l’autrice di “La ragazza gigante della contea di Aberdeen”, storia infatti pubblicata da una casa editrice minore, e chissà, forse per questo più apprezzata?
In ogni caso, questa volta l’originalità l’ha lasciata altrove, la cara autrice. Nemmeno il suo stile ho riconosciuto subito, forse perché ho letto il suo vecchio romanzo tanto tempo fa? Non saprei dirlo, ma sono certa che la vicenda di Claire e Jo non mi ha entusiasmata per niente.

È la solita faida familiare da soap opera, trita e ritrita, con molta meno magia di quanto ne promettano titoli o recensioni. Personaggi cupi e molto statici, non si riesce ad amarli o a comprenderne i sentimenti. Tuttavia, le loro mosse sono assolutamente prevedibili, quasi scontate. Il finale è strambo, non c’è altro modo per descriverlo: dopo le interminabili pagine di lotte familiari, è stato liquidato con qualche pagina densa di informazioni, quasi avesse fretta di sostituire la tragicità del racconto con un lieto fine forzato. Forse, in questo caso, l’happy ending che tanto ci piace, sarebbe stato meglio che non ci fosse stato.

Tutto sommato da questa storia manca un pizzico di qualcosa, forse un po’ più di pepe, anche se, in questo caso dovrei dire sale.

Risparmiate i vostri soldi per un’altra storia, quindi: tra l’altro, il lavoro traduttivo (di Andrea Monti) e quello di editing, lasciano a desiderare, come dimostra l’ennesima traduzione del titolo dettata dal marketing.

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Recensione di
Trix
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8 commenti
  • Caro Trix,

    mi piacerebbe sapere in quali circostanze hai trovato il lavoro di traduzione tanto deludente da citare il nome del traduttore con un commento così vago e negativo. Lo conoscevi già? Credevi fosse il giornalista televisivo? Hai letto il libro anche in originale?
    Posso leggere qualcosa che hai tradotto tu?

    • Innanzi tutto, carA trix!
      secondo poi,io sono un’umile studentessa di traduzione, e quindi nel modo più assoluto non puoi leggere nulla di mio, ma proprio per questo mio percorso di studi, mi sforzo di notare certe incongruenze che trovo molto spesso nei libri che leggo. Sì, ho letto diverse parti del libro in lingua originale, comunque.
      In ogni caso, il mio commento vago, forse è volutamente così, in quanto, non essendo io una traduttrice professionista, non posso permettermi di dilungarmi in commenti professionali su questo mestiere, per cui, tutto quello che dico, lo dico da dilettante e studiosa del campo.
      E comunque, so tramite fonti certe, che molto spesso il povero traduttore non c’entra molto con questi “errori” che io mi diverto a cercare nei romanzi che leggo, e che molto spesso l’editing è quello che “rovina” la confezione.

      • Scusa per l’errore di genere.
        Effettivamente avrei potuto controllare. Intuitivamente mi sembrava un nome da folletto maschio.
        Dalle tue parole, non posso che stupirmi della dedicazione profusa per un libro che non ti piace e sconsigli, visto che sei andata anche a leggertelo in originale.
        Riguardo alla motivazione della vaghezza, ti faccio invece notare che il tuo commento è già professionale in sè, che hai citato il nome del povero traduttore, sicuramente non giovando al suo lavoro. Penso sarebbe stato interessante, anzi edificante, per ogni lettore di questo sito, sapere quali nefandezze avessi scovato. Forse anche quella sarebbe stata letteratura. Così pare solo astiosa leggerezza, sicuramente una qualità che non apprezzo nella critica letteraria

        • Il mio intento di leggerlo in originale -e come ho detto ho letto SOLO ALCUNE PARTI, appunto quelle interessate ai sopracitati “errori”- è stato puramente accademico, perché come appare chiaro dalla recensione, la storia non è poi così avvincente.
          Vuoi criticarmi per il mio interesse da studiosa? Fai pure! Io sono curiosa di natura, e se leggo qualcosa, che anche non mi piace, in cui trovo contraddizioni o materiale erroneo in bella vista, io vado a controllare, sono fatta così, mea culpa.
          Non mi sembra che citare il nome del traduttore voglia dire “recensire una traduzione in modo professionale”, in quanto a) qui si recensiscono storie, romanzi, LIBRI, essendo questo un blog letterario generico, e b) non ho accennato -e non ho intenzione di accennare all’interno di questa sede- alcuno degli elementi traduttivi che ho notato.
          E’ forse diventato un crimine sostenere, amatorialmente -e soprattutto scaricando quasi tutta la colpa del mal lavoro sull’editor- di non aver apprezzato la traduzione di un libro?
          Se tu fossi un follower di questo blog, ti accorgeresti che spesso, non solo nelle mie recensioni, ma anche all’interno di quelle di altri colleghi, ci sono riferimenti alla traduzione italiana, essendo molti di noi avvezzi a leggere in lingua originale quantomeno i romanzi in inglese.
          Forse te la prendi tanto perché sei in qualche modo vicino a questo lavoro?
          Non saprei, in ogni caso la recensione è mia, e decido io cosa scrivere o no.
          E, tanto per la cronaca, LETTERATURA è una cosa, TRADUZIONE, un’altra.

          • Certo, me la prendo perché mi sento in qualche modo vicino a questo lavoro, ma sono molto pentito di essere entrato in questa polemica con te, perché mi pari sorda e non condivido le tue categorie. Ad esempio quella che ti pare una evidente divisione tra la letteratura e la traduzione. Legittimo mi pareva comunque chiederti precisazioni. Su una cosa hai ragione, la recensione è tua e puoi scrivere quello che vuoi, ma nemmeno tu puoi pretendere di non ricevere critiche da chi ti legge

          • Carissimo Inaniele,
            ho appena letto i tuoi commenti e mi spiace se ti sei sentito in qualche modo “ferito” dalla nostra recensione. Capita quando viene messo in discussione qualcosa a noi molto vicino (come può essere il lavoro in questo caso), ma ti prego di ricordare sempre che le opinioni sono libere, che questo è un blog libero e liberi sono i suoi collaboratori. Le critiche sono ben accette, gli incattivimenti no.
            Torna a leggerci con animo più leggero, ciao. =)

  • Come vedi le critiche le accetto e rispondo anche, solo mi sembra una discussione infruttuosa, perché io resto del mio parere e tu del tuo.

    • Vi chiedo scusa, ma non vedo l’incattivimento. Chiedevo solo precisazioni che, in tutta libertà, non mi sono state date. Cercherò sicuramente di tornare al leggere il vostro blog con animo più leggero. Come dicevo, anch’io sono pentito di essere entrato in questa discussione. Ciao

Recensione di Trix