La scuola raccontata al mio cane – Paola Mastrocola

La scuola raccontata al mio cane, della professoressa Paola Mastrocola (Torino, 1956), è stato pubblicato nel 2004. È un libro a tratti ironico e pungente, ma si percepiscono tra le pagine soprattutto delusione e amarezza. Un’amarezza molto vicina alla mia, nonostante apparteniamo a due generazioni diverse.

La Mastrocola racconta di essere rimasta lontana dalla scuola a due riprese, negli anni ’90, per incarichi universitari; al suo rientro tutto era cambiato, e in peggio. Aboliti gli esami di riparazione di settembre, introdotti i debiti, i crediti, i recuperi, i progetti…; ma soprattutto svalutata la cultura nelle sue forme più autentiche e alte.

In linea di massima concordo con i giudizi della collega scrittrice, che mi permetto di arricchire citando eventi successivi alla pubblicazione del libro. Nella scuola superiore le riforme attese da trent’anni hanno prodotto spesso dei mostri. I debiti e i crediti formativi ci hanno imposto anzitutto una terminologia mutuata dall’àmbito economico, che applicata ad un luogo dove si fa cultura provoca già di per sé profonda tristezza; ma soprattutto hanno comportato una drastica riduzione della selezione meritocratica. I più recenti provvedimenti, reintroducendo con altro nome gli esami di riparazione, danno l’impressione di voler restituire una certa serietà alla scuola e offrire qualche garanzia di meritocrazia; ma è decisamente prematuro fare bilanci – e intanto altri aspetti delle riforme e soprattutto l’aziendalizzazione dell’istituzione scolastica fanno temere fortemente per la qualità e per l’autonomia della formazione. I progetti extra-curricolari, invece, oltre a riguardare spesso argomenti per nulla attinenti al curricolo dei diversi indirizzi o a limitarsi a riprendere parti dei programmi delle materie curricolari (come se si potessero imparare nuove discipline o apprendere la scrittura creativa in 20-30 ore di attività progettuali), hanno sottratto per anni linfa vitale, tempo e denaro, allo svolgimento dei programmi. Attualmente, i tagli sempre più poderosi ai finanziamenti hanno obbligato ad una razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse: sicché l’unico risvolto positivo di una situazione per il resto drammatica è che non si organizzano più progetti di lavorazione della ceramica nel liceo scientifico (per fare un unico esempio, tratto dalla mia personalissima esperienza). La professoressa Mastrocola ha fotografato dunque alla perfezione una scuola nella quale si impara sempre meno, e in maniera sempre più dispersiva e superficiale. Parallelamente – ma sono due facce della stessa medaglia, come lei stessa osserva – registra la crescente maleducazione diffusa tra gli studenti. Senza arrivare agli eccessi, parliamo di quei piccoli, banali (ma in realtà né piccoli né banali) comportamenti quotidiani, come il parlare sovrapponendo la propria voce a quella dei compagni o anche dell’insegnante. E gli esempi si potrebbero moltiplicare.

L’analisi della collega scrittrice giunge alle mie stesse conclusioni. La generazione della Mastrocola (nata nel 1956), ovvero quella di coloro che oggi hanno tra i 45 e i 55 anni, è stata l’ultima a ricevere un’educazione rigida ed una formazione scolastica prevalentemente nozionistica ed elitaria. Si è combattuto contro tutto questo, ed è stato assolutamente giusto; ma ora si sta decisamente eccedendo nel senso opposto. Si è infatti rinunciato in molti casi, da parte di docenti e genitori, ad impartire un’educazione fondata sul rispetto e sulla responsabilità; e la scuola fornisce ormai, per lo più, centinaia di frammenti di informazioni, presunte utili, ma in realtà del tutto inutili proprio perché disorganiche e superficiali.

A chi giova? La Mastrocola è giustamente preoccupata per i nostri ragazzi abbandonati per lo più a se stessi, da una famiglia ed una scuola che li vogliono perennemente felici e soddisfatti, dinamici e alla moda, anche se questo deve significare sacrificare l’educazione e la formazione. La collega scrittrice osserva che questo si tradurrà in un grave danno individuale e sociale, visto che questi giovani saranno del tutto incapaci di affrontare qualsiasi tipo di responsabilità e non possiederanno la formazione necessaria per accedere alle professioni. D’altro canto, se i nostri studenti sono mediamente ignoranti (e quelli del mio povero sud trascinano tristemente verso il basso le percentuali), incapaci di leggere e comprendere testi anche semplici; se in un concorso piuttosto recente non è stato possibile assegnare tutti i posti disponibili in magistratura a causa dei diffusi madornali errori di italiano contenuti negli elaborati dei candidati; queste sono già riprove inoppugnabili, che è superfluo commentare.

Le riflessioni conclusive della Mastrocola sono a mio giudizio ugualmente condivisibili. La scuola di massa è una conquista preziosissima a cui non bisogna rinunciare; ma questo non deve significare un livellamento verso il basso: dovrebbe anzi costituire un’opportunità di emancipazione per tutti, ed in particolare per chi proviene da ambienti socio-culturali depressi. Invece questa scuola di massa superficiale, frammentaria, alla moda, non fa altro che favorire proprio le élites socio-culturali che possono ricorrere a canali di formazione diversi e migliori. Mentre infatti i figli di ministri e miliardari hanno accesso a un’educazione di altissimo livello, proprio la politica (di destra e di sinistra indifferentemente) negli ultimi 10-15 anni ha smantellato la scuola italiana, rendendola quanto mai velleitaria e inefficiente.

Le nuove leve di docenti sono spesso molto preparate e volitive; ma rischiano di rimanere impotenti, se il sistema rema in altra direzione. Ma bisogna… resistere resistere resistere!

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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2 commenti
  • Da quando insegno (da molto poco), mi sono resa conto di tante cose.
    La mia è una scuola privata dove ci sono tutti i generi di ragazzi possibili e immaginabili. Potrei scriverci un libro ma… mi lasciano talmente senza forza che non troverò mai il tempo! :)

  • Effettivamente è un lavoro che lascia senza fiato e senza forze (per tante ragioni). :) Io non lo cambierei con nessun altro e… un libro temo di non saperlo scrivere… ma una rubrichetta di ricordi scolastici sul mio blog l’ho aperta. :)

    P.S. In bocca al lupo per il lavoro a scuola: hai cominciato una grande avventura!!! :)

Recensione di D. S.