A proposito di libri letti per piacere o per dovere (e a proposito della querelle sul sacrosanto diritto di poter leggere solo ciò che piace, o ciò che ispira piacere) devo dire di aver letto questo libro “per colpa” di un esame universitario, e devo addirittura affermare di esser grata “all’esame” di avermi fatto scoprire, inizando da quest’opera di Jankélévitch, la letteratura filosofica moderna, che, sicuramente, da me sola, non avrei avuto la benché minima intenzione di scoprire. Ma d’altronde, come poter dimenticare che dietro ogni bel programma d’esame si nasconde un professore veramente degno di tal nome? Dunque il mio grazie va senz’altro alla grande cultura e alla vivacità intellettuale della mia professoressa di Semiotica. E per tornare a noi, imporsi la lettura di un libro, evidentemente, non sempre è dannoso per la salute.
Dal dopoguerra in poi direi che la filosofia e la letteratura, più che nel passato, iniziano a intrecciarsi come due amanti clandestini in un nodo inestricabile. Basta leggere Derrida, Nancy, la Zambrano, Jankélévitch. Sono filosofi che utilizzano un fine linguaggio artistico e meravigliosi espedienti letterari per parlare del loro pensiero, o meglio, del loro sistema di pensiero. Che non si dica che l’espediente letterario tolga infatti serietà o attendibilità all’esposizione filosofica, anzi: ne amplia la portata eventualmente problematica, assumendo, attraverso il linguaggio, la difficoltà di quelle ipotesi di pensiero che una trattazione sistematica e scientifica non riesce, spesso e paradossalmente, a supportare in tutta la loro ampiezza.
Ma perché consigliare la lettura di questo libro, anche a chi non sia assolutamente interessato alla filosofia? Perché, come forse allude lo stesso titolo, l’ineffabile è qualcosa che, come lo charme, la chàris, la grazia, si nasconde ai sensi e persino al mondo eidetico per sottrarsi, complice del suo stesso mistero, e svelarsi attraverso un discorso assolutamente originale e inafferrabile, che vuole svelare e non svelare ciò che resta inenarrabile: come fa la musica stessa.
Proprio quella musica, con quel fascino scabroso che turba, irrita e preoccupa i moralisti di tutti i tempi, da Platone a Tolstoj, con quella sua capacità di far sentire “l’urto della contraddizione, che la vita, la realtà, l’essere porta sempre con sé”.
Consiglio, per cui, questo libro, a chi desidera conoscere “quel certo non so ché”, che, pur stando sempre a portata dei suoi sensi e del suo intelletto, non riesce ad afferrare ancora nella sua interezza.
Bellissima recensione, mi hai incuriosito e affascinato al tempo stesso. Spero di riuscire a leggerlo presto questo libro.
Bene! Era quello che speravo di indurre con questa recensione. :D
Non riesco a trovare questo libro, essendo fuori produzione. Anche in inglese, mi piacerebbe riuscire ad acquistarne un esemplare usato, ad un prezzo ragionevole. Grazie. Andrea.