L’estate dei morti viventi – John Ajvide Lindqvist

In un estate “troppo calda” –  tutto intorno, un’aria crepitante d’elettricità – la città di Stoccolma vive un momento di difficoltà.

I morti, trapassati da non più di tre mesi, risorgono.

Succede tutto di notte, quando l’emicrania collettiva, dovuta dalla pressione dell’aria torrida e dagli inestinguibili ronzii, cessa di colpo.

Sembra l’incipit dell’ennesimo racconto horror fatto di apocalisse e sopravvivenza.

Ma Lindqvist riesce a trovare una via nuova.

Cosa vogliono i morti viventi?

Cosa desiderano il loro cari?

Riusciranno a far collimare i loro pensieri o gli uni saranno per altri una sorta di “cassa di risonanza”?

Attraverso tre storie unite solo da ”i su citati” interrogativi, comprendiamo meglio quello che i vivi sentono; dopo tutto, sono i soli ad avere un anima! Oh no?

La sentenza é ardua.

Per il lettore é facile condividere le reazioni che hanno i personaggi, anche se sono molto diverse tra loro:

David – combattuto tra il desiderio di avere la moglie accanto, la madre del piccolo Magnus, o un corpo distrutto che reagisce appena e sembra vuoto e crudele.

Mahler – vecchio reporter. Primo testimone dei risvegli. Non si arrende alla dipartita del nipote Elias, tanto da scavare a mani nude per liberarlo dalla tomba (e dalla coscienza della figlia Anna).

Flora e Elvy-  nipote e nonna. Entrambe sensitive. Entrambe investite dal problema dei morti viventi ed egualmente alla ricerca di un significato.

Gli zombie hanno una carica destabilizzante pur non mostrandosi aggressivi ma solamente spaventati.

Nella pratica ed organizzata Svezia il problema é gestito come si può ma, a quanto pare, le migliori intenzioni del governo sortiscono effetti ben lontani da quelli sperati.

I morti viventi riescono comunque a spaventare. Lindqvist li tratteggia in maniera implacabile. Non conferisce il soffio della vita a carne morta, non ce n’é bisogno.

I morti viventi si nutrono dei sentimenti che diamo loro in pasto. Amore per amore, odio per odio. Niente più. Solo i vivi possono accettarlo. Solo i vivi possono lasciarli andare.

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Recensione di
Simone Gentile

Sono Simone Gentile. Stretto tra una torre di libri e una pila di graphic novel (da leggere tutti, rigorosamente, in ordine sparso) continuo a lasciare una traccia nera su un foglio bianco; un timido rivolo che vuole affluire all'impetuoso corso della narrativa e continuare il Viaggio. Sono aperto a qualsiasi genere ma attratto dalle varie declinazioni della paura, per questo spesso mi ritrovo invischiato in storie che "MAMMAMIA!"... e forse poi, un po', me le vado a cercare.

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