Il tempo è un bastardo – Jennifer Egan

Avevo letto un articolo promozionale su questo romanzo e i toni entusiastici nonché il Pulitzer assegnato all’autrice mi avevano un po’ fatto dubitare: “Sarà una roba per critici o per intellettuoloidi? Di quelli che spostano il segnalibro su Infinite jest per fare i fighi con le ragazze della casa dello studente?”.

Ho comunque provato. Tra l’altro mi aveva incuriosito l’indicazione di un capitolo scritto come una presentazione Power Point; prima di acquistare il libro, l’ho sfogliato per vedere quanto fosse lunga questa parte, temendo una fregatura astutamente etichettata come avanguardia.

In realtà “Il tempo è un bastardo” scorre con piacere e la PP non disturba, anzi: rappresenta un evoluzione del lineare linguaggio scritto, permettendo di percorrere dialoghi e pensieri con ordine arbitrario. Questa parte è il diario di una bambina, il cui pensiero esprime associazioni più libere rispetto a quello degli adulti e proprio per questo tale stratagemma narrativo rende forse meglio l’idea; d’altronde la mia generazione è passata dalla carta alla televisione, quindi perché non passare dalle sole parole a diagrammi e grafici?

Di cosa parla il romanzo? Come suggerisce il titolo, della crescita e conseguente perdita delle proprie illusioni. Un giorno ci si sveglia, ci si rende conto che la giovinezza è finita, che è ora di darci un taglio con concerti punk e droghe e autostop e cuori infranti, e ci si ritrova a chiedersi: “E adesso cosa faccio? Sono ancora in tempo per costruirmi una vita?”

Nel romanzo è presente una trama principale con sotto-trame rappresentate dai capitoli, ciascuno con differenti protagonisti che lungo la narrazione si incontrano in più punti, anche solo di sfuggita – in questo mi ricorda vagamente “Underworld” di Don DeLillo, anche se qui la lettura è più facile. Tenete d’occhio i nomi dei vari personaggi perché ve li ritroverete sparsi per il testo quando meno ve l’aspettate e in età differenti, anche se la Egan ci aiuta con qualche dettaglio per rammentarci cosa hanno fatto (e quindi chi sono).

Un altro capitolo particolare è quello che ricorda gli articoli di David Foster Wallace (a proposito di “Infinite…”), visto che questa sezione è la trascrizione di un’intervista con lunghe note a piè di pagina.

L’ultimo capitolo mi ha dato l’impressione di riuscire a condensare il messaggio del romanzo, in almeno due punti:

  1. Davanti casa di Alex stanno costruendo un grattacielo che, una volta finito, oscurerà la vista dalla loro abitazione, per cui ogni giorno che passa lui gioisce di quello che ancora si riesce a vedere: più il tempo passa, più apprezziamo quello che davamo per scontato e che lentamente è scomparso
  2. Il libro inizia con Sasha che racconta un aneddoto in cui Alex ricopriva un ruolo marginale, mentre alla fine Alex si ricorderà improvvisamente di Sasha, una persona per la quale non provava grandi emozioni ma che alla fine suscita in lui una nostalgia e una malinconia inspiegabili, come il pensiero del tempo che è passato e di tutto quello che poteva essere e non è stato. Purtroppo però non è possibile tornare indietro: il tempo è un bastardo.

Mi è piaciuto molto. Trecentonovantuno pagine lette in un paio di giorni; ehm, anche in ufficio.

 

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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