Il profeta – Gibran Kahlil Gibran

«Il dolore è il rompersi del guscio che racchiude la vostra intelligenza.»

Il Profeta è stato un regalo nel regalo (inception?). Un regalo della libreria per la giornata nazionale della lettura che, per meraviglia della sorte, cade proprio il giorno del mio compleanno.
E così, insieme a Nina dei lupi, mi sono ritrovata ad aprire una busta dell’iniziativa con all’interno un libro misterioso.
Ne avevo ovviamente sentito parlare e avevo pensato bene di starne alla larga seguendo la mia presunzione di voler leggere cose nuove, di voler parlare e discutere di nuove idee, nuove storie, nuovi libri.

Gibran ha scritto questo libro nel 1931 e io ci ho messo un’oretta per finirlo tutto e non perché possiedo il dono della lettura supersonica ma semplicemente perché, tenendo conto del  testo inglese a fronte, questo libro conta appena 125 pagine.
Tuttavia sono pagine piene di filosofia: la personale filosofia dell’autore.

Ammetto di aver avuto più volte l’istinto di prendere una matita e sottolineare alcuni passaggi fondamentali: è come se fosse un testo ricco di citazioni (e io amo le citazioni!) su molti argomenti: l’amore, l’amicizia, il matrimonio, la morte, la preghiera, il binomio passione e ragione, il tempo e molte altre questioni fondamentali della vita.

Tutti vorremmo avere un profeta che ci spieghi il mondo e ci indichi la via da seguire per un’esistenza serena e chissà che molti dei suggerimenti che Gibran da agli abitanti di Orfalese, non possano essere una guida anche per noi.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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2 commenti
  • E' stato il mio libro-sempre-in-borsa per qualche anno.
    Concordo, è come fosse una raccolta di citazioni, di frasi brevi e illuminanti.

    Unica controindicazione (o indicazione d'uso): da non assumersi a stomaco vuoto. Ovvero: da non assorbire acriticamente. Per quanto sia facile lasciarsi contagiare, quel libro – a mio parere – ha senso solo se lo si usa come cartina al tornasole per domandarsi "e io come la vedo, questa cosa? come intendo l'amore/guerra/amicizia/famiglia/etc?".

    Per il resto, gran bel libro, forse il migliore di quelli di Gibran.

    Fùs

Recensione di Sara D'Ellena