Il gallo rosso di Giovanni Dusi

Rispolvero la mia tesi di laurea per parlarvi di questo libro: pubblicato dalla Marsilio Editori nel 1973, Il gallo rosso di Giovanni Dusi rielabora il periodo della Resistenza con l’obiettivo di ricordare ai suoi lettori gli errori del passato e di invitarli così a non ripeterli. Teniamo presente che gli anni in cui questo romanzo fu scritto erano in Italia densi di incertezza: imperava l’instabilità politica che si intrecciava con l’uso crescente della violenza. L’intento di Dusi era quindi quello di utilizzare la letteratura per poter intervenire sulla realtà: la sua idea,  e quella del presidente della Marsilio Cesare De Michelis, era infatti quella di una narrativa “militante”, capace di inserirsi nel mondo contemporaneo e di esprimere il proprio punto di vista su di esso. Non per niente, la collana inaugurata dalla Marsilio proprio con Il gallo rosso era stata chiamata Narratori Oggi.
 
Questo romanzo racconta una storia di partigiani, fatta di azioni ma anche, e anzi soprattutto, di riflessioni. I protagonisti sono Marco e Gianni: il primo è uno studente giovane e idealista, che lotta sperando in un mondo libero e democratico e si trova ad affrontare ogni giorno la ridda di problemi morali che gli si presentano di continuo alla mente; il secondo è un uomo disincantato, disilluso, che combatte per disperazione, convinto che, in qualsiasi modo andranno le cose dopo la guerra, esisterà sempre qualche stortura, qualche falla. Entrambi militano in una brigata comunista, ma il loro è un comunismo critico, che differisce da quello di Ciro, comandante della brigata, e Giuseppe, commissario politico, i quali si identificano in toto con il partito. Gianni e Marco non si lasciano guidare dalle ideologie, ma dimostrano di pensare con la propria testa, ed è l’importanza di questo atteggiamento che sembra volerci suggerire Dusi. Gianni appare persino capace di collegare il passato (l’involuzione della rivoluzione russa, trasformatasi in dittatura del partito) al presente e quindi di delineare quello che sarà il futuro, mostrandosi al lettore come una sorta di veggente: le sue lucide analisi sul dopoguerra, la convinzione che gli Alleati cercheranno di liberarsi dei comunisti e che la democrazia si otterrà tra mille difficoltà, prevedono quello che poi – il lettore lo sa bene – si è concretamente realizzato. Dunque, quello che Dusi vuole comunicare attraverso questo suo romanzo è la necessità di affrontare la realtà con spirito critico, di non lasciarsi guidare dalla mera ideologia, e questo suo suggerimento è tanto più importante per il periodo in cui vive quanto più questo è carico di problemi sociali e instabilità politica. Come afferma Giorgio Bocca nella prefazione del libro,  «Lo storico ha cercato di capire [l’]accaduto, di ricostruirlo come realmente fu nelle sue linee essenziali, nelle sue verità, liberandolo dagli orpelli e dalle manipolazioni della propaganda e del reducismo; il romanziere ha invece licenza di riviverlo e di caricarlo di tutto ciò che gli serve per spiegare il presente, per trasformare la storia in politica».
Il racconto procede veloce, dipingendo le situazioni in maniera essenziale, e termina con un finale che in un certo senso si carica di assolutezza: come se le cose non potessero che andare così.
 
È un libro che, considerata la difficile situazione politica che oggi – in Italia e nel mondo – si sta delineando, mi sento proprio di consigliarvi. Non so se sia ancora in commercio, ma si trova facilmente in biblioteca la ristampa che è stata fatta negli anni ’90. Buona lettura!

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