Il gabbiano Jonathan Livingston – Richard Bach

Un libretto tanto piccolo (soprattutto se teniamo conto delle illustrazioni – BUR-) quanto osannato. Definirlo romanzo è davvero troppo.
E allora cos’è?

Scusate se non ho ancora chiarito la mia posizione, provvedo subito: Il gabbiano Jonathan Livingston non mi è piaciuto affatto.
Vuoi perché l’ho letto solo ora alla “veneranda” età di 24 anni, vuoi che le favolette impregnate di morale non mi sono mai piaciute e vuoi anche che di rado i libri osannati dal grande pubblico poi piacciono anche a me, ma questa storia mi è sembrata una riscrittura con le ali di altre centinaia di storie già sentite.

E’ vero, è difficile trovare qualcosa che non sia già stato detto o scritto da qualcuno ma davvero qualcuno di voi ha trovato l’illuminazione leggendo di questo gabbiano particolare che va contro il gruppo pur di continuare a volare veloce come piace a lui?

Se poi calcolate che, in mezzo a queste frasi pseudo filosofiche ogni tre per due Bach ci infila lunghe descrizioni di tecniche di volo, beh… capirete da voi che questo libro si legge in un’ora (ma giusto se avete la pazienza e la voglia di leggere di virate, paradisi per uccelli poco credibili e un’altra accozzaglia di idee che non riesco a mettere insieme).
Decisamente vi consiglio di leggere altro, filosofia vera magari.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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7 commenti
  • Pensa che stavo per mettermi a scrivere la recensione dello stesso libro.
    Con toni decisamente diversi, ma che ci vuoi fare: de gustibus ;)

    Sarà che, ai tempi, con degli amici avevamo messo su una recita tratta dal romanzo in questione. C'è da dire che lo stormo si chiamava Simmental e il vecchio gabbiano saggio Dash Che fantasia.

  • Ah, il Gabbiano… Beh, mi tocca spezzare una lancia a favore. Non che non condivida, oggi, quello che ha scritto Delly. Il fatto è che io l’ho letto allora, dove per allora intendo un periodo in cui non c’era ancora stata l’alluvione di titoli (e non solo titoli, ma anche musica, vestiario, film, quadri, ecc.) di quella corrente che poi abbiamo chiamato new age. Ci entusiasmammo tutti: il libricino era davvero una ventata di novità che portava freschezza in un panorama letterario e sociale troppo paludato. Erano anche tornati di moda Hermann Hesse (scrittore vero però, a differenza di Bach) e quello che per me è un autentico mito, “Il Mattino dei Maghi” di Pauwels e Bergier, scritto negli anni sessanta e vero iniziatore del filone new age. A rileggere oggi tutta questa roba al massimo si sorride, ma bisognerebbe fare lo sforzo di prenderla in mano dimenticando tutta la letteratura e il cinema di genere che ci sono poi passati sopra, e che di quelle cose sono stati imitazione. Allora, forse, si potrà apprezzare, se non la qualità letteraria (scarsina, diciamo la verità), almeno quella fiducia candida e perfino ingenua nelle possibilità dell’essere umano. Una fiducia che porta certamente a sproloquiare, ma che in fondo mi manca parecchio, in questi anni un po’ troppo blasé, per non dire cinici, che stiamo vivendo ora.

    P.S. Raccomando anche una parodia feroce: Il Fagiano Jonathan Livingston (non ricordo l’autore)

  • Più vicina al parere di capellidangelo… riconosco però la differenza che può fare una diversa età o un diverso momento che accompagna le nostre letture!
    Prima di leggere questo… scoprì dello stesso autore, "Nessun luogo è lontano". Brevissimo, un colpo d'occhio davvero, però illuminante per la semplicità ed il messaggio universale.
    Non credo abbia "vere" pretese da capolavoro letterario…

Recensione di Sara D'Ellena