Di tematica analoga a “La gente come noi non ha paura“, il romanzo della Black ha ambientazione iraniana.
La protagonista principale, Layla, abita ancora in famiglia nonostante i tentativi materni di presentarle un buon partito. La figlia, tuttavia, pur non ribellandosi apertamente alla tradizione degli incontri combinati, trova sempre qualche difetto negli aspiranti fidanzati e rinvia l’ipotetico matrimonio finché, a un corso di pittura, conosce Keyvan.
La ragazza è così costretta a condurre una relazione clandestina, cosa molto pericolosa in una nazione governata da conservatori. Il Komiteh – la Polizia della Morale Pubblica – può arrestarti per un abito non aderente ai canoni di decenza imposti dalla religione o se siedi al tavolo con un uomo che non sia tuo marito, sottoporti al “test della verginità” e rinchiuderti in prigione senza possibilità di contattare nessuno, perché “Non siamo in America, qui”.
Non è facile per Layla vivere la propria storia, così come non lo è per i giovani che vogliano semplicemente andare a una festa o per chi sia avverso al regime, come zio Mammad, già imprigionato per i suoi scritti polemici. In un clima così avverso, è frequente custodire segreti, più di quanto Layla possa immaginare.
[…] trattando la stessa tematica di Il cielo color melograno, questo romanzo ambientato a Teheran riesce ad andare più in profondità; vediamo […]