Il baule dei ricordi di carta #9 – Vampiretto, Angela Sommer-Bodenburg

L’ondata di libri e racconti con protagonisti tizi coi canini appuntiti, strane abitudini notturne e un’avversione per le lampade abbronzanti e l’aglio non è solo cosa recente: anche noi abbiamo avuto i nostri vampiri, solo che erano diversi – e, forse, gli unici di cui valeva davvero la pena leggere le indimenticabili avventure.

È inutile presentare Vampiretto: chiunque sia stato bambino negli anni Ottanta e Novanta sa perfettamente di che cosa si tratta – una delle saghe più geniali, divertenti, meravigliosamente terrificanti e ben scritte sul tema dei vampiri. Ancora oggi, una delle mie ri-letture preferite.

La storia, di per sé, non ha nulla di nuovo: un bambino un filo sociopatico e troppo maturo per la sua età che si trova faccia a faccia col suo alter ego mostruoso – come nella più classica delle storie nere, un vampiro.

La plausibile banalità del racconto, però, viene subito spazzata via dalla bravura di Angela Sommer-Bodenburg, dai personaggi geniali che ha saputo creare, dalle avventure che prendevano origine dal quotidiano di ognuno per poi trasformarsi in esplorazioni notturne, in voli per il cielo nero con mantelli tarlati che odoravano di muffa, in cripte umide dove si giocava agli scacchi, in cimiteri surreali, nel cortile della scuola e soprattutto sulla finestra di Anton, il bambino protagonista – insieme a Vampiretto – dell’intero racconto.

Il grottesco fa capolino da ogni pagina, ma si tratta di un grottesco fantastico, comico, godibilissimo e divertente. Qui i vampiri, pur continuando la loro trucida dieta a base di sangue umano fresco e le loro insindacabili abitudini al calar del sole, sono buffi, simpatici, goffi, permalosi e gelosi: impossibile averne paura.

Non si tratta di un libro umoristico – sebbene i cognomi dei personaggi siano stati scelti con un risvolto comico non indifferente – né di qualsiasi altro tipo di genere classificabile: è semplicemente Vampiretto, un caso unico che non si è mai più ripetuto.

Non potrò mai dimenticare Rudiger, avido e pasticcione, sempre pronto a servirsi di Anton per i suoi turpi scopi, in nome di un’amicizia che deve essere assoluta. Oppure Anna, la sua sorellina minore, palesemente innamorata di Anton, saggia e coraggiosa, che combatte continuamente con i sentimenti che prova per il ragazzino e la tentazione di saltargli alla giugulare. E ancora la zia Dorothee, il fratello adolescente Lumpi e i due poveri custodi del cimitero, Ienismeier e Schnuppermaul, sempre a farsi prendere per il naso dai vampiri che non riescono mai ad acciuffare.

Anna e Rudiger, in particolare, sono due personaggi poetici. C’è qualcosa di affascinante e malinconico nel loro essere bambini per sempre, un rimpianto che l’autrice non nasconde, ma racconta in modo gentile e discreto in ogni riga: Anton continua a crescere, loro rimarranno sempre gli stessi, tanto che mi piace pensare che l’autrice abbia interrotto la saga – fortunatissima – proprio per la mancanza di un escamotage letterario che giustificasse una differenza di età sempre più grande e vite sempre più diverse. Meglio ricordarli così, mentre volano insieme con i mantelli gonfiati dal vento della sera nel cielo scuro e senza stelle.

Io avrei dato non so cosa per poter avere un amico come Rudiger e un’amica come Anna, per poter volare e fare un pic-nic nel cimitero di notte senza aver paura, per poter accarezzare anche solo per un momento la reale possibilità di non crescere mai.
E gli umani, oltre ad Anton? Ci sono anche quelli. I suoi genitori, sempre freddi e distanti, presi dal lavoro e dalle mille uscite serali; i suoi compagni di scuola, noiosi e banali; i vicini di casa, rompiscatole e diffidenti. Da bambina, mi colpiva molto il fatto che tutti i personaggi umani fossero così scarsamente tratteggiati e poco interessanti, se paragonati ai vampiri. Poi, da grande, ho capito finalmente il perché: erano loro i non-morti, vivevano una vita finita anzitempo, appiattita, priva di fantasia.

Rudiger, Anna, l’intera famiglia Schlotterstein – con i loro canini appuntiti, le calzamaglie bucate e duecento anni a testa sulle spalle – traboccavano invece di allegria, di coraggio, di vita.

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Recensione di
MaddalenaErre
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2 commenti
  • E’ proprio vero che quando un’idea è buona (vedi l’invenzione letteraria del vampiro), la si utilizza in tutte le salse, a tutti i livelli e per tutte le generazioni.
    Non ho mai letto Vampiretto anzi… inizio a chiedermi cosa diavolo abbia letto durante l’infanzia se non l’infinita collana delle Ragazzine e il club delle baby sitter oltre a qualche libro scovato qua e là.

    I bambini di oggi, che leggono?

  • Me lo chiedo anche io :) anche se, per mio interesse, monitoro sempre le nuove uscite della letteratura per l’infanzia e molte di esse sono bellissime, soprattutto per i libri illustrati e quelli interattivi, c’è una varietà che noi potevamo solo sognare…allo stesso tempo, però, quelli di una volta per me avevano qualcosa in più – ma forse è solo perché li vedo con gli occhi della nostalgia :)

    Detto questo, quando in libreria vedo un bambino col naso immerso in un libro, o che viene rimproverato dalla mamma perché “un altro libro? ne hai già mille a casa…” mi si scalda il cuore :) secondo me leggono, eccome se leggono!

Recensione di MaddalenaErre