Fuori tema #17 – Il libraio e la giornalista

Mesi fa ho pubblicato anche qui sulla Libreria Immaginaria una mia vecchia recensione all’interessantissimo reportage di Åsne Seierstad Il libraio di Kabul. In quella occasione ho cercato di aggiornare l’articolo sulla base delle (poche) notizie che ero riuscita a rintracciare sul web: la famiglia del libraio di Kabul, che aveva ospitato la giornalista norvegese in casa propria perché raccogliesse materiale per il libro, l’aveva poi trascinata in tribunale contestando alcune parti del suo racconto e in primo grado la Seierstad era stata condannata. In questi giorni ho però scoperto che in sede di appello la sentenza è stata ribaltata e che un ulteriore ricorso alla Suprema Corte Norvegese da parte del libraio è stato rigettato. Questi sviluppi risalgono ai primi mesi del 2012, ma continua a non essere facile reperire informazioni.

Il libraio di Kabul è stato contestato da alcuni (un esempio -> qui) come la testimonianza inattendibile di chi ha preteso di giudicare un mondo differente dal proprio esclusivamente sulla base di preconcetti radicati. L’esito del primo processo sembrava dare ragione ai detrattori; ma ora la situazione è del tutto diversa.

Voglio allora approfittare di questa occasione per svolgere qualche ulteriore considerazione.

Credo di essere di vedute piuttosto aperte e sono sempre curiosa rispetto a tutto ciò che è lontano dai miei costumi e dalle mie convinzioni: per questo mi informo molto sulle questioni più disparate e dalle fonti più diverse, e quindi infine qualcosa so. Ebbene, ritengo che molti Paesi del mondo, dopo aver subito un colonialismo rapace e violento, siano oggi vittime di un neo-colonialismo non meno vergognoso e aggressivo, seppure diverso nella forma. Non penso affatto, inoltre, che la democrazia possa essere esportata (e meno che mai imposta con le armi, mi sembra una contraddizione in termini).

L’Occidente ha dunque gravi responsabilità nel perdurante Medioevo (come sono solita definirlo) di alcuni popoli del mondo, ma questo non significa che quel Medioevo, con i suoi soprusi e le sue violenze, non esista e non debba essere denunciato e combattuto. D’altra parte nessuno ha lanciato anatemi contro i romanzi di Hosseini, che descrivono la stessa realtà del Libraio di Kabul: la Seierstad ha suscitato tante polemiche perché ha fatto veramente paura; e ha fatto veramente paura perché, pur modificando i nomi, ha raccontato una storia vera, che non può essere archiviata come “fiction”.

Mi sembra dunque che la nuova sentenza abbia ristabilito giustizia. La speranza è che questo sia il punto di partenza per un dibattito più onesto e corretto intorno ai grandi drammi dell’Afghanistan.

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D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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