Quando voglio andare sul sicuro, mi rivolgo a Coupland, l’autore del celebre “Generazione X”.
Proprio tra quest’ultimo romanzo e il presente ci sono analogie, presentando entrambi una generazione, appunto, priva di ideali; tuttavia, in “Generazione X” i protagonisti erano ex colletti bianchi che avevano rinunciato alle loro professioni; qui invece sono dei freeter, ovvero giovani che scelgono fin da subito lavori precari (i McJob definiti in “Generazione X”?) per non rinunciare alla loro “libertà” – Ma libertà di cosa? Di disimpegno mentale, in realtà, visto che per il resto non fanno granché, oltre comprare vestiti alla moda, provarci con le ragazze o lanciarsi contro le vetrate (sic).
E’ uno scontro generazionale tra il protagonista Hiro, che lavora in negozi di telefonia e dorme in un locale semi-abbandonato, e i suoi genitori, votati al lavoro onorevole, a una casa onorevole, a una famiglia onorevole, se non fosse che la situazione non è così idilliaca come dovrebbe.
E poi ci sono i gaijin, gli occidentali, con il loro strano mondo di valori, che Hiro scoprirà durante un viaggio a Vancouver, all’inseguimento di amiche convertite (al maschio occidentale) e di qualsiasi cosa non sia il Giappone. Perché Hiro non riesce ad ammetterlo, ma lui odia il Giappone – quello tradizionalista in cui lui è una delusione per la sua famiglia, a causa dei bassi voti che non gli consentono di accedere alle università migliori e aspirare a un posto, ebbene sì, onorevole nella società nipponica.
Un autore, una conferma.