Diario di giorni senza pace – Daniela Palumbo

Diario di giorni senza pace è un breve libro pubblicato da Daniela Palumbo (Roma, 1965) nel 2003 per le Edizioni Paoline.

L’autrice immagina il diario di due adolescenti che vivono in Palestina all’indomani dell’11 settembre 2001: Sara è ebrea, Yasmin invece è palestinese.
La prima vive una vita piuttosto agiata, ma deve comunque confrontarsi quotidianamente con la paura di restare coinvolta in un attentato. Dal padre ha però appreso a non considerare i Palestinesi come un nemico irriducibile, ma a credere nella possibilità del confronto, del dialogo, perfino della pace. Perciò, a differenza della sorella, è entusiasta quando il padre le propone di frequentare per qualche tempo la Scuola di Pace, in cui operatori ebrei e palestinesi riuniscono giovani dei due popoli spingendoli a dialogare.
Yasmin vive sulla pelle dei suoi cari, tra cui il fidanzato Amin, le drammatiche conseguenze della tormentata convivenza dei due popoli, fino a che i genitori la mandano a Gerusalemme, da una zia, perché sia più al sicuro. Yasmin prova un odio profondo verso gli Ebrei e sente addirittura la tentazione di diventare martire suicida lei stessa; tuttavia qualcosa dentro di lei contrasta i sentimenti più negativi e distruttivi. Quando la zia le propone la Scuola di Pace Yasmin è perplessa e sfiduciata, ma col tempo l’esperienza la conquista e il caso fa incrociare la sua strada proprio con quella di Sara.

La Scuola di Pace esiste davvero, dal 1979, e rappresenta un tentativo concreto di fondare una pace duratura educando al rispetto reciproco, alla solidarietà e alla convivenza civile i due popoli di quella terra martoriata. La scuola è rivolta soprattutto, come è giusto, ai giovani, che sono coloro che in futuro potranno segnare la differenza rispetto al passato. D’altro canto proprio i ragazzi, in virtù di un’età giovane e appassionata, più facilmente rischiano di essere coinvolti nella spirale dell’odio e della violenza, più facilmente possono diventare le pedine di un gioco al massacro che tra alterne vicende, recrudescenze e distensioni, si trascina da un secolo.
La Scuola sorge all’interno di un villaggio, Nevé Shalom/Wahat As Salam (“Oasi di Pace”), fondato nel 1972, in cui convive un pari numero di famiglie ebree e palestinesi israeliane.

La questione mediorientale è complessa e dolorosissima e prendere posizione è estremamente difficile.
I più deboli, coloro che stanno pagando il prezzo più alto in termini di morti e devastazioni, povertà ed emarginazione sono i Palestinesi. La loro condizione spinge molti a solidarizzare con la loro causa, tanto più che ad alcuni sembra infondata la pretesa degli Ebrei di costituire, a 2000 anni dalla diaspora, un proprio Stato nella terra occupata nel frattempo da un altro popolo.
D’altro canto c’è da domandarsi dove altro gli Ebrei possano costruire una patria per sé e per i propri discendenti, dopo che per 2000 anni si sono dispersi per il mondo restando circondati dalla diffidenza, se non dall’odio, fino alle persecuzioni naziste costate milioni di morti innocenti.
Intanto in Palestina si continua a morire e i giovani crescono in un clima di odio e di violenza che rischia di soffocare ogni speranza ed ogni progetto costruttivo. I ragazzi di quelle terre non possono vivere, nonostante l’illusione di qualche ora o di qualche settimana, la vita sicura e spensierata dei loro coetanei occidentali e sembra che nessuna soluzione diplomatica possa per ora davvero funzionare.

D’altro canto la gran parte delle famiglie, da una parte e dall’altra, ha avuto i suoi morti e perciò non è facile dimenticare e perdonare; senza trascurare che Ebrei e Palestinesi sono una popolazione numerosa che vive in una terra non estesa e in parte desertica.
Sarà peraltro impossibile risolvere la questione mediorientale fino a quando esisterà l’attuale disparità socio-economica e culturale tra Ebrei e Palestinesi e fino a quando il Medioriente sarà l’alibi prediletto dai grandi poteri, ufficiali e occulti, della Terra per scatenarsi gli uni contro gli altri.

Tuttavia la Scuola di Pace resta lì, insieme ad altre iniziative simili, a cercare di fondare una nuova epoca di buona volontà e di convivenza pacifica e a Daniela Palumbo va riconosciuto il merito di avercene parlato attraverso la storia semplice e anche toccante, per quanto un po’ ingenua, di due ragazzine.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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