Delitto e Castigo – F. M. Dostoevskij

Confesso che questo libro è stato in libreria per almeno due anni, sul comodino con il segnalibro ad un quarto delle pagine per almeno un altro.

Dopo averlo iniziato e aver divorato le prime 150 pagine, ho avuto una sorta di blocco che mi impediva di andare avanti. Ero arrivata in una parte del romanzo in cui la noia chiudeva le palpebre appena lo si prendeva mano, e questo ha rallentato di molto, se non moltissimo, la lettura. Ma il bello di questo libro è che, se prendi di petto questo 100 pagine di “transizione”, il resto lo divori, commuovendoti insieme a Raskol’nikov, vivendo con lui le sue ansie e il suo delirio, il suo bisogno di solitudine e di comprensione.

L’inizio di Delitto e Castigo è l’evidente capacità di Dostoevskij di sondare l’animo umano e di descrivere a fondo ognuno di noi, nella nostra più intima umanità e nella lotta tra il bene e il male. Come si sa, la trama è effimera: Raskol’nikov, studente in cattive condizioni economiche, decide di uccidere una vecchia usuraia, non tanto per derubarla, quanto per affermare la superiorità di alcune persone, tra cui lui sia annovera, e i cosiddetti pidocchi, coloro che devono sottostare alle regole. In realtà, come Raskol’nikov dirà, lui non ha ucciso la vecchia, ma se stesso. Il suo atto alla fine è stato quello con il quale lui ha testimoniato il suo essere non superuomo ma subuomo. Storie parallele naturalmente si intrecciano a lungo andare, ma quello che più interessa è la descrizione vivida delle decisioni di Raskol’nikov, del suo approdo al male, della sua furia e della sua follia. Il momento in cui Raskolnikov e la vecchia si scontrano, uno nel tentativo di aprire la porta della casa, l’altra, in quello disperato, di chiuderla, è descritto con una lucidità e una pienezza di scrittura che arriva a toccare una dimensione che la letteratura poche volte conosce.

L’opera di Dostoevskij cresce ancora in spessore nella seconda metà, quando Raskol’nikov passa dal male al bene, grazie ad una donna, delitto-e-castigoSonja. E’ lei che gli spiega che le più grandi sofferenze devono essere sopportate, che dopo la morte c’è la vita, che per arrivare a sperimentare il bene lui deve prima aver conosciuto il male e poi averlo espiato. Solo il delitto e il castigo possono portare alla luce. Due creature delle più miserabili, Sonja e Raskol’nikov, si redimeranno insieme, una accompagnando l’altro ai lavori forzati in Siberia, l’altro vivendo la più grande della sofferenza, il rimorso. Ma solo sperimentando la sofferenza, i due arriveranno all’amore e al bene che Dostoevskij, alla fine del libro, non descrive, ma lascia presagire. Infatti, mentre il male si nutre dell’umanità e può essere descritto, il bene, solo per essere bene, è completo e può essere solo vissuto.

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Recensione di
Ele

24 anni, i viaggi e la letteratura sono le mie passioni. Dalla Calabria, passando per Roma, Tomsk e Edimburgo, studio Traduzione e Comparatistica letteraria a Pisa. I miei studi mi hanno portata a vedere la letteratura come un insieme di connessioni: tra lingue, popoli, culture, riti, influenze. Difficilmente riesco a leggere un libro per volta. In constante fluttuare tra luoghi e parole, ricorro alla scrittura per trovare un ordine, o almeno ci provo.

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3 commenti
  • Grazie mille per questa recensione, che in poche righe sa centrare in pieno l’essenza del romanzo. Nonostante la struttura della narrazione sia molto variegata e abbastanza ramificata, innestandosi nel corso principale degli eventi il racconto di vari altri personaggi e loro vicissitudini, il messaggio del romanzo nel suo insieme è davvero molto semplice ed emozionante, e tutto a dispetto delle mille “menate” che l’autore si fa qui (o soprattutto ne “Le notti bianche”).
    A me personalmente non è piaciuto lo stile narrativo del nostro in “Delitto e castigo”, perché per mio gusto, opinabile, non amo le narrazioni frammentate ed eccessivamente innervate, con drastici cambi di ritmo, magari proprio verso la fine. Sono ancora a metà lettura, invece, de “I demòni”, e lì penso che la raffinatezza squisita di cui è imbevuto un certo stile sagace e ironico di Dostoevskij abbia un gioco molto più evidente :-)
    Certo è che i grandi scrittori non hanno scritto tutti i loro libri allo stesso modo, ed è questo penso che ne denoti anche la grandezza.

  • Ho letto quasi tutto di Dostoevskij, concordo con il fatto che “I demòni” sia un romanzo di più spessore stilistico, ma in effetti la bellezza di Dostoevskij è che dalle “Memorie Del Sottosuolo” si è sempre più migliorato fino ad arrivare alla profonditá ed all’incomparabile bellezza de “I Fratelli Karamazov” :)

Recensione di Ele