Danse Macabre, On Writing – Stephen King

[…] non volevo scrivere un libro, nemmeno breve come questo, che mi lasciasse la sensazione di aver fatto la figura di un pallone gonfio di letteratura e di un coglione planetario. Di libri di quel tipo – e scrittori di quel tipo – ce ne sono già a iosa, grazie.

On Writing, p. 5

Ecco due saggi che vale davvero la pena leggere. Tanto per dirvelo subito e levarmi il pensiero. Due opere che non ti aspetteresti da un romanziere come Stephen King e che, per essere sinceri, non mi aspettavo nemmeno io.

Danse Macabre, scritto nel 1981 e pubblicato nel 1983, è una panoramica, avrei quasi scritto analisi ma:

[…] a quegli ingegneri figurativi dell’immaginazione che non si sentono a loro agio con le intricate (e forse pericolose) foreste letterarie ipertrofiche finché non vi hanno tracciato dentro una strada fatta di pazienti annotazioni… E sentitemi bene: chiunque si sia occupato di queste annotazioni dovrebbe esser tirato fuori dal suo ateneo, sventrato e squartato, poi tagliato in piccoli pezzi, questi pezzi dovrebbero essere messi a seccare al sole e poi venduti nella libreria del campus come segnalibri.

quindi, per evitarmi una fine orribile, ripiego su panoramica, o meglio ancora, riassunto del genere horror dagli anni cinquanta agli ottanta, con qualche incursione nell’ottocento e vaghi cenni di epoche anteriori che sono confluite nella polla dei miti che ha dato origine al genere. La prima impressione che si ha della lettura, anche prima di avvertire l’impressionante preparazione dell’autore sul campo, è l’immenso amore per il genere, di cui si è esplorata, in buona parte, ogni manifestazione e si è riletta ogni sfumatura in un lavorio mentale lungo anni. Il fenomeno horror è analizzato nelle sue tre declinazioni del cinema, della radio prima e della televisione poi e, in fine, della letteratura. Dal riconoscimento delle tre figure archetipiche del genere: i tarocchi del vampiro, a partire dal Dracula di Stoker, del lupo mannaro, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, e della cosa senza nome, Frankenstein, o il moderno Prometeo di Mary Wollstonecraft Godwin Shelley, alla domanda fondamentale sul successo e sull’esistenza dell’horror come genere. Della risposta a questa domanda, più e più volte ripresa nelle pagine del libro non vi anticipo nulla, anche perché senza la corposa costruzione di esempi, rimandi, tratti autobiografici che costituisce il corpo del saggio, sarebbe decisamente incompleta.

Certamente le opinioni di Stephen King non sono allineabili a quelle della critica accademica, la citazione precedente sugli analisti di libri avrebbe già dovuto farvi sospettare qualcosa, tuttavia il suo approccio all’argomento è decisamente apprezzabile e, forse, una definizione di arte meno “snob” (con dodici virgolette, puntini di sospensione e tutti i dubitativi circostanziali del caso) come la sua:

Se diciamo che l’arte è una qualsiasi opera di lavoro creativo dalla quale il pubblico riceve più di quanto dà (certo è una definizione un po’ libera dell’arte, ma in questo campo la pignoleria non paga), credo che il valore artistico offerto più frequentemente dal film horror sia l’abilità di instaurare una relazione tra le nostre paure immaginate e quelle reali.

può aprire alle possibilità di gustare una fetta più ampia di letteratura e di attivare qualche punto di pressione emozionale che altrimenti se ne starebbe un po’ atrofizzato.

Con On writing: Autobiografia di un mestiere facciamo un balzo di vent’anni, fino ad arrivare al 2000, e cambiamo anche argomento. Questo è un saggio che si muove su almeno due livelli fondamentali, l’essere una guida di scrittura, notare bene una guida e non un manuale, ed un racconto su quello che la scrittura provoca allo scrittore o, quantomeno, ad uno scrittore molto particolare di nome Stephen King. Oscillando tra questi due estremi il saggio racconta della difficoltà del cominciare, dell’inesistenza di un luogo da cui provengono le idee e dell’attitudine con cui è consigliabile approcciarsi alla scrittura:

Scrivere fiction, specialmente quando il romanzo è lungo, può essere un lavoro difficile e solitario; è come attraversare l’Atlantico in una vasca da bagno.

per poi consegnare qualche esempio di scrittura da altri autori, un elenco di autori che dimostra tra le altre cose un bagaglio di letture smisurato, alcuni suggerimenti di stile e d’effetto consegnati sempre in modo deciso e con una certa ironia, per fare un esempio dell’esempio, un passaggio sull’uso dei verbi passivi nel raccontare un’azione:

Il cadavere fu trasportato dalla cucina sul divano in salotto è un modo accettabile per descrivere l’azione, anche se quel «fu trasportato» mi provoca contrazioni al basso ventre. Lo tollero ma non lo assolvo. Sono invece pronto a sottoscrivere Freddie e Myra trasportarono il cadavere dalla cucina al divano in salotto. Si può sapere perché il soggetto della frase debba essere il cadavere? È morto, Santo Cielo!

immagino che dopo averlo letto tutti ci ricorderemo che, Santo Cielo, perché mai dovrebbe essere un oggetto inanimato a condurre un’azione, per non parlare poi di un morto …

Anche se non avete intenzione di mettervi a scrivere un racconto od un romanzo, questa lettura resta comunque interessante per vedere come ci si avvicina all’estrarre quei segni di inchiostro che ci fanno passare molto bel tempo dalla pagina. Fare un giro dietro le quinte di uno spettacolo ha sempre il suo fascino, anche se si pensa di non calcare mai la scena .

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