Dalla libreria al cinema # 23 – The Help

Leggere The Help (di cui ci aveva già parlato MaddalenaErre) è stato come fare un viaggio a ritroso nel tempo fino al profondo sud degli Stati Uniti negli anni Sessanta.

I sermoni di Martin Luther King, il suo sogno di libertà e integrazione, cominciano a scuotere le coscienze di molti eppure a Jackson, Mississippi, tutto sembra immobile, ancorato ad un modello di società maschilista e razzista.

In questo contesto così duro prende vita un romanzo a tre voci: da una parte le cameriere di colore Aibileen e Minny, forti, indomite, sognatrici nonostante tutto e malgrado tutto; dall’altra Eugenia “Skeeter”, wasp di buona famiglia che si ribella ad un futuro preconfezionato fatto esclusivamente di matrimonio, bimbi e partite a bridge in una linda villetta con giardino.

L’inquietudine di Skeeter e la voglia di riscatto di Aibileen e Minny porterà le tre donne a sfidare le rigide regole che le opprimono e a rischiar grosso pur di raccogliere e pubblicare (seppur in forma anonima) testimonianze di cameriere afro americane, le quali per la prima volta trovano modo di uscire dal limbo dell’invisibilità cui le costringe la segregazione razziale.

Le 400 e oltre pagine di The Help scorrono veloci e vibranti, zeppe di emozioni e colpi di scena, regalando al lettore spunti di riflessione a tratti amari.

L’anno scorso è uscita la versione cinematografica per la regia di Tate Taylor. Non posso affermare che sia un brutto film: è ben diretto e ben interpretato e vanta anche un meritatissimo premio Oscar a Octavia Spencer per la sua scoppiettante interpretazione di Minny.

Tuttavia le discrepanze con il romanzo, in piccoli e grandi dettagli, lo rende distante dallo spirito originario, meno incisivo, svilito, quasi come bere un quartino di vino annacquato dopo aver gustato una bottiglia di ottimo Barolo.

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Recensione di
pistacchina
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4 commenti
  • Mi hai battuto sul tempo :) Credo che il taglio dato al film abbia cercato di addolcire la storia – gli americani sono bambinoni e comunque la tematica razziale è sempre scottante. Non c’è un attore chiamato a impersonare il marito di Minny, che costituisce uno degli aspetti più duri della vita della donna. Salta anche il riferimento al ragazzo che ha perso la vista. Salta la paura di Minny per Mr. Johnny. Infine, mentre la lingua dei personaggi di colore aveva parecchie espressioni afroamericane dell’epoca, nel film non si andati oltre la sostituzione di un paio di congiuntivi con l’indicativo, almeno nel doppiaggio italiano (io ho letto la versione in lingua originale).

    D’altro canto il romanzo, come hai detto tu stessa, è di ben 400 pagine e anche se scorre piacevolmente può essere difficile da condensare sullo schermo.

    Un aspetto interessante della trasposizione cinematografica è il modo in cui vengono messi in secondo piano gli uomini, privi di personalità o di peso nelle decisioni prese dalle mogli. Sulla pellicola si è andati oltre, rendendoli tutti simili tra loro nell’aspetto, tra colore e taglio di capelli, corporatura e abbigliamento. Sembrano ricavati dallo stesso stampo e somigliano a quei mascelloni sorridenti nei cartelloni pubblicitari anni ’60, appunto.

  • Ho trovato il libro davvero bellissimo!! Ed anche il film non mi è affatto dispiaciuto, malgrado in esso sia stata “addolcita” un po’ l’atmosfera smorzando la tensione che invece si avverte fortemente nel libro.

Recensione di pistacchina