Cloud Atlas – David Mitchell

Ho saputo dell’esistenza di questo romanzo solamente grazie al trailer del film enormemente sponsorizzato. Incuriosita, mi sono informata sulla trama e ho capito che una narrazione così complessa avrebbe avuto maggiore resa sulla carta piuttosto che sulla pellicola. Così ho comprato il romanzo (non esiste l’edizione economica anche se il libro è uscito nel 2005 e ormai è impossibile da trovare senza la copertina con le immagini del film) e ho iniziato una nuova avventura o meglio 6 avventure.
Il romanzo è diviso in 6 storie che rappresentano alla perfezione 6 generi letterari:

  • Un romanzo d’avventura (alla Defoe) di un avvocato inglese in pieno colonialismo che vive la sua storia tra navigazioni, schiavi e malfattori;
  • Un romanzo epistolare di un giovane musicista in cerca di gloria presso un anziano e illustre musico;
  • Un romanzo di spionaggio nel mezzo degli anni ’70 vede una giovane giornalista lottare per la verità su una centrale nucleare di prossima realizzazione;
  • Un romanzo autobiografico ambientato nel 2012 che narra l’estraniante avventura di un anziano editor che sfugge dai creditori e dalla famiglia;
  • Un romanzo fantascientico ambientato ovviamente in Giappone che segue le vicende di un clone nella sua corsa per l’ascesa e la liberazione;
  • Un romanzo post-apocalittico che si svolge in una terra selvaggia con protagonisti tornati allo stato primitivo dopo la grande Caduta;

Ebbene, le storie sono magnificamente strutturate da poter essere romanzi a sè stanti nonostante la loro brevità; i personaggi non ci sono estranei li comprendiamo bene, la loro psicologia è studiata dall’autore e mostrata al lettore.
Peccato.
Peccato che un libro di tale portata mi cada sul punto fondamentale: il nesso tra le storie.
Le vite dei protagonisti sarebbero dovute essere collegate ma in realtà a volte a fare capolino tra un secolo e l’altro della Storia, è solo un nome di un protagonista e niente di più.
Un romanzo del genere avrebbe potuto creare dei legami tar le storie molto più profondi e strabilianti, un butterfly effect.
E invece si arriva fino a fine libro (godibilissimo comunque) in attesa dell’illuminazione, del grande disegno, di quel filo invisibile che improvvisamente diventa lampeggiante per rendere chiaro tutto.
Ma niente di questo succede, lasciando il lettore con un vago senso d’incompiuto.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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