Ciò che inferno non è – Alessandro D’Avenia

Ci sono mani che entrano nell’anima per dilatarla, altre per schiacciarla. Le prime sono forti ma delicate. Le seconde sono mani dure e feroci.

Lo dico senza mezzi termini: questo è un libro bellissimo.

E’ una storia che ti strattona, ti fa sbattere le ginocchia sull’asfalto e te le fa sanguinare. E’ uno di quegli schiaffi che ti fanno inumidire gli occhi dal dolore, è la violenza nell’ aprirti gli occhi su una realtà che cerchi di non vedere.
Ma è anche una storia che s’insinua nelle pieghe più strette del cuore, un campo pieno di lucciole durante una notte senza luna, la forza di un sentimento puro che nasce e travolge tutto.

Federico è un adolescente palermitano, uno di quelli che fanno parte dei quartieri borghesi, uno di quelli che passa l’estate al college in Inghilterra per imparare la lingua per un mestiere che probabilmente lo porterà lontano dalla sua città e dal suo paese.
Ma l’incontro con Don Pino, cambierà per sempre la sua vita, perché Don Pino vive e lavora a Brancaccio, uno dei quartieri più malfamati di Palermo, dove il cemento ha soffocato i sogni dei suoi abitanti, dove i bambini ruzzolano per le strade e dove la mafia affonda le sue mani piene di sangue e delirio di onnipotenza.

Ma tutto questo Federico lo ignorava.
Ignorava il degrado ad un passo da casa sua e la battaglia quotidiana di cio-che-inferno-non-e-900persone come Don Pino che giorno dopo giorno, con le parole, i sorrisi e una partita da arbitrare, cercano di dare un’alternativa all’inferno quotidiano.
Tanti i personaggi: Lucia che ha “una bellezza da fiaba, tutta sbagliata per la realtà”, che ama i libri e le parole, proprio come Federico; c’è la Bambina con la Bambola affascinata dal mare e dai binari; c’è il piccolo Francesco che “vuole aggiustare le cose, non romperle”; c’è Totò che vuole diventare direttore d’orchestra, Giuseppe che si fa coraggio dalle sbarre del carcere minorile e poi… poi c’è l’incredible Don Pino nelle sue scarpe enormi e impolverate, instancabile e inarrestabile.
Insegnante di religione a liceo, padre di decine di ragazzini allo sbando, Don Pino è in prima linea contro il degrado del suo quartiere e della sua gente, degrado che combatte tutti i giorni anche contro il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni.

Un personaggio incredibile, con una carica narrativa che scuote anche le anime più assonnate. Mi fa vergognare il fatto che solo ora, a libro finito, vengo a conoscenza che Don Pino è vissuto realmente e che questa è una storia incredibilmente vera.

Non avevo mai letto Alessandro D’avenia prima d’ora, e questa è una mancanza che conto di colmare quanto prima: il ragazzo (37 anni, professore di italiano al liceo – tra le altre cose – ) è un narratore pieno di talento con una prosa ricca di lirismi e vagamente barocca che non lascia indifferenti, esattamente come la storia di Don Pino e dei suoi ragazzi.

 

 

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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