Chronic City – Jonathan Lethem

Nella Manhattan di Jonathan Lethem nessuno è quello che sembra o dovrebbe essere. Molti sono stati qualcosa ma adesso, in decadenza, vivono di rendita; portano addosso la nomea acquisita come un’aura che li identifichi quali legittimi membri di un club esclusivo, solo un po’ meno esclusivo di quanto si potrebbe pensare dall’esterno. Chase Insteadman, il protagonista, è un attore che in effetti non recita più da anni ma si mantiene grazie alle royalties per un ruolo interpretato da giovanissimo; Richard Abneg è al servizio del sindaco ma non si capisce bene di cosa si occupi; Oona Laszlo, ghost writer, è celebre indirettamente, per libri scritti da lei ma attribuiti ad altri.

Niente è come dichiarato: i giornali publicano notizie riciclate o format senza informazioni utili, le relazioni più intime sembrano reggersi in maniera traballante, i libri vengono scritti da ghost-writer.

Lethem scrive tanto ed è abile nell’argomentare. Se però oltre lo stile si cerca anche sostanza, qualcosa di maggior spessore – una storia plausibile, insomma – ci si può ritrovare stanchi, all’interno delle centinaia di pagine del romanzo. Personalmente non vedevo l’ora di arrivare alla conclusione.

Quella che all’inizio sembra una critica all’alta società newyorkese e del mondo dei media, degenera, diventando qualcos’altro. Citando il perno attorno a cui ruota la storia, ovvero il critico in disgrazia Perkus Tooth:

“E’ come quando ho provato a scrivere un libro, Chase. Praticamente ogni giorno dovevo ricordarmi di che cosa parlava il libro…”

Le discussioni tra lo stesso Perkus, Chase e Oona in preda ai fumi dell’erba sembrano la chiave per interpretare l’intero romanzo: un mix di banalità del quotidiano e eventi strampalati, cheeseburger e calderoni, pettegolezzi alle feste di gala e fantomatiche tigri che nottetempo distruggono isolati della città; un po’ alla Philip Dick, direi, ma senza fantascienza. Forse lo stesso autore ha scritto il romanzo sotto l’effetto della Chronic – una varietà d’erba – lasciando che ad alimentare la trama fosse la paranoia da abuso di mariuana, così come paranoici sono Perkus in primis ma anche i restanti abitanti dell’isola, che vedono complotti dappertutto.

Ma forse questa è una mia paranoia.

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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