Assecondando una visione poetica, la vita (in generale) e l’amore (nel particolare) sono fortemente condizionate da come le percepiamo con i 5 sensi in dotazione.
Il medium fumetto sembra essere un ottimo viatico per accompagnare la storia di un amore con tratti visivi accattivanti e scelte narrative in grado di dare un’impronta ben definita.
Eppure, con un canovaccio pressoché sterminato, opportunità visive importanti e grande libertà espressiva potenziale, Bastien Vivés sceglie la prospettiva meno originale (o più banale se vogliamo) scomoda nella ristrettezza di campo che offre alla narrazione;
Vivés si mette negli occhi del Lui della situazione.
Senza sviare mai da questa posizione autoimposta, racconta un amore per situazioni, per frammenti, per tappe che non si fa fatica a far nostre: in fondo innamorarsi non è focalizzare tutto noi stessi sull’altro?
Con uno stile asciutto, orientato più al contenuto che alla forma, riempiendo gli spazi bianchi di dialoghi inespressi e dell’acume del lettore per andare oltre il non detto e il non visto, l’autore ci fa vivere le fasi di una amore che rimane invischiato in un humus di bellezza potenziale che mai sboccia.
I pastelli delineano accattivanti le forme del desiderio e si ha il sospetto di trovarsi di fronte ad un filtro che offusca la realtà; il filtro dell’amore, verrebbe da dire.
La scelta di Vivés pone una serie di trabocchetti che ovvino ad una altrimenti tediosa rappresentazione di un monologo fronte camera da presa fissa e, benchè semplici risultino le scelte stilistiche, sono calzanti, non distrurbano, permettono di mantenere una linearità pulita in una storia che non presuppone colpi di scena.
Non è una delle opere migliori di Vivés a mio avviso ma contiene una grossa fetta della sua attitudine alla sperimentazione, alla ricerca di soluzioni e utilizzi alternativi del mezzo visivo.